Il
sano delirio di Don Chisciotte della Mancia
e
Beatrice
Cenci – La notte Prima si essere decapitata
di
Anita Napolitano – stampa grafiche Seticaserta, 2012
nota
di Rita Pacilio
La potenza
dell’immaginazione è davvero straordinaria e piena di fascino quando si misura
con la bellezza della scrittura giocando sulla morfologia e sulla semantica
come itinerario possibile. Per percorrere diverse analogie capaci di
proiettarsi nei personaggi vissuti nei termini-elementi in cui si verticalizza
il tempo, Anita Napolitano, nel suo lavoro Il
sano delirio di Don Chisciotte della Mancia e Beatrice Cenci – La notte Prima si essere decapitata, per le Edizioni stampa grafiche Seticaserta, 2012, mette
in scena, infatti, un teatro ironico, enigmatico, originale, in una irruente
espressività classica, gioioso, composto in modo evocativo, in cui il destino
sa covare e maturare sogni e desideri, passioni e istinti struggenti, saggezza
e consapevolezza della dissolvenza dell’esistente. È così che i limiti umani
vengono straordinariamente osservati attraverso le azioni dei personaggi della
letteratura, in questo caso Don Chisciotte, Ronzinante, Sancio Panza, il
Guardiano, Aldonza, Amleto, Gines di Passamonte che non sono solo gli
intermediari tra il passato e il presente, tra la conversione delle nuove prove
della vanità delle cose e gli innumerevoli significati celati, ma rappresentano
il momento di passaggio della nostra crisi, il nostro mutamento, lo snodo della
nostra situazione ‘imperfetta’. Il ritmo originale e dal registro terapeutico
inoltra il lettore nella spirale di eventi umani senza tempo che sono un
distillato di fragilità e di epifanie oscillando, inconsapevolmente, tra il
comico e il grottesco. La stratificazione sociale e le varie resistenze
storiche non permettono ai chisciottimisti di continuare a lottare per le
proprie idee: siamo noi le innumerevoli rappresentazioni possibili, con le
necessarie modifiche nei quadri storico/sociali che inesorabilmente mutano, a
interagire con il futuro responsabile in cui non appaiano, stereotipi e disparità sociali. L’autrice comunica
attraverso l’identità dei suoi personaggi: lei stessa diventa l’elemento
razionale e irrazionale, vittima e carnefice, parte cosciente e incosciente per
ricoprire i ruoli collettivi del diritto civile rinunciando allo schema del
codice ingiusto. Nel suo monologo commovente, la povera Beatrice Cenci,
infatti, ci parla con un filo di voce struggente che muta nell’urlo di Anita
Napolitano contro l’orrore, contro il perbenismo della società borghese che ha
saputo abusare dei propri ideali politico/etico/religiosi per ostacolare la
complessità dei rapporti affettivi dei contesti familiari rappresentando il
proprio potere coercitivo attraverso il dolore e la morte. L’utilizzo della
scena teatrale non è una scelta casuale. Il percorso è partito dalla
scenografia intima, introspettiva. La creatività interpretativa dell’autrice ha
permesso al lettore di coniugare le teorie psicologiche e le conoscenze
letterarie con le prassi artigianali dell’allestimento scenico del proprio
vissuto emozionale.
Dal testo:
Ci siamo strappati le vesti di dosso, abbiamo odiato con forza e amato con
passione, abbiamo leccato il sudicio delle nostre dita, tagliato i nostri
capelli senza un garbo. Ci siamo rannicchiati in un angolo a piangere e
pensare, graffiato la nostra carne, leccato le altrui ferite, pianto, urlato di
gioia e riso di tristezza. Mi rivolgo a voi, spettatori della nostra vita, che
avete issato il muro dell’indifferenza e bandito la diversità, vi chiedo: possiamo
quindi dire di non avere vissuto? Abbiamo sputato nel piatto del
banchetto al funerale servito freddo per le nozze, abbiamo visto i giganti al
posto dei mulini, nemici al posto dei mugnai e con l’ippogrifo siamo arrivati
sulla luna. Ci siamo calati le brache e abbiamo orinato ovunque, abbiamo legato
il falso perbenismo, le etichette, sciolto le emozioni, e della trasparenza
fatto lo stendardo. Noi, che abbiamo ricevuto dardi e pietre dall’oltraggiosa
fortuna, e tappezzato di schizzi di sangue le pareti del nostro cuore, noi, che
a brandelli abbiamo ridotto la nostra carne e picconato la nostra anima,
possiamo quindi dire di non aver vissuto? Non so… quello forse che possiamo
dire è di aver assaporato il gusto della libertà e volato sulle ali chiuse di un
airone!
Don Chisciotte a Sancio
Coraggio mio prode scudiero, non
sarà l’insalubre afa a fermarci. Il cicaleccio intermittente di danzatrici
cieche ci accompagnerà e sarà musica ritmata per le nostre orecchie. La
principessa di nobil stirpe, dalle ambrate chiome e dalle labbra dal sapore
dell’ambrosia è da tempo che pazienta...
(Invoca la dama) Dulcinea, ristoro d’ogni male! È con la lama del diamante che ho inciso il
tuo bel nome nel mio petto.
Aldonza Lorenzo
Le belle dalle caviglie affusolate
non piangono e gioiscono come le brutte, non nascono crescono e muoiono come le
brutte? Non mettono al mondo i loro piccoli, non li allattano, forse? Non si
prendono cura dei loro mariti, non gemono nei loro letti, forse? Non sarò la
principessa dalle ambrate chiome e dalle labbra del sapore dell’ambrosia. Non
sempre le principesse sono felici. I castelli nascondono dolorosi misteri e i
paggi arguti non ne fanno parola
Nota
dell’autrice
Anita Napolitano è nata a Roma città in
cui vive e lavora
Ha conseguito gli studi alla Sapienza laureandosi nella facoltà di Scienze
Umanistiche, con una tesi di antropologia sociale relatore il Prof. Antonino
Colaianni docente di antropologia, l’argomento trattato: “Il rito, il teatro,
lo spettacolo”.
Avendo raggiunto con sacrificio e soddisfazione piccoli traguardi ha voluto
intitolare la prima raccolta di poesie
“Il trionfo di Galatea”
Nel 2003 ha frequentato alla Sapienza il laboratorio del Prof. e Psichiatra
Ferruccio Di Cori (all’epoca novantenne), “Teatro spontaneo delle emozioni”.
Nel 2004 ha interagito con persone che avevano disturbi psichiatrici,
collaborando con operatori e studenti è stato messo in scena un classico
rivisitato. In questo intenso percorso ha scovato, senza volerlo, una delle sue
identità, descrive tale esperienza straordinaria. Il laboratorio teatrale
verteva sul tema della follia e si è svolto buona parte dentro una struttura
psichiatrica a stretto contatto con la quotidianità dei pazienti, incontrando
il loro modo di essere attraverso il training teatrale condiviso.
Nel 2007 realizza il suo piccolo sogno, debutta come attrice al Teatro
Accademia Indipendente con lo spettacolo dal titolo “Casa di Bambola” di Herik
Ibsen per la regia di Rosanna Malfarà nel ruolo della Sig. Linde ... due naufraghi sullo stesso relitto stanno
meglio che ciascuno sul suo…
Il 2007 può definirsi per la poetessa, un anno fortunato. Dopo aver
frequentato il laboratorio di scrittura creativa a cura del Prof. Annio Stasi e
della Prof. Mary Tortolini (i quali propongono una ricerca didattica originale,
una metodologia innovativa sul rapporto tra immagini e scrittura, utile per
riflettere sui processi di formazione del linguaggio). Al Teatro Ateneo della
Sapienza nello spettacolo “Volti nel Tempo” organizzato dai succitati professori,
collabora, disegnando, scrivendo e interpretando un ruolo.
La sua passione per le arti è a dir poco viscerale, adora la cultura
umanistica e scrive le drammaturgie per il teatro. Attualmente il suo sogno
sarebbe quello di raccogliere fondi per poter aprire scuole di Teatro gratuite
(e perché no, laboratori di poesia) nelle periferie più disagiate della sua
tanto amata città.
L’arte ha il potere di ribaltare gli stilemi imposti dalla società, è sacra
e liberatoria, è un mondo parallelo che rompe con l’ingranaggio del meccanismo
quotidiano in cui l’essere umano ritrova se stesso e la propria dimensione in
cui: bisogna perdersi per poi ritrovarsi.
Ha scritto tre libri due
di poesia “ Il Trionfo di Galatea” edizioni progetto cultura,” Fuorvianti
Parvenze” Equi-libri e due testi teatrali “ Il sano delirio delirio di Don
Chisciotte della Mancia” e il monologo “ Beatrice Cenci la notte prima di
essere decapitata” performance rappresentata nella prestigiosa cornice di
Castel Sant’ Angelo.
Ha avuto vari
riconoscimenti e alcune delle sue poesie sono state inserite in antologie
varie. Ultimo premio ricevuto” Prima
classificata al concorso Letterario Giacomo Leopardi di Aversa.
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