Partecipazione - Napoli 'Una piazza per la poesia' Libreria Treves - 28 marzo 2012

Una piazza per la poesia

VI EDIZIONE
Libreria Treves
piazza del Plebiscito 11/12, Napoli

MERCOLEDÌ 28 MARZO 2012, ORE 18,00

Reading di poesia con l’intervento di

Vera D'Atri
Luigi Trucillo
Arianna Sacerdoti
Marisa Papa Ruggiero
Rita Pacilio
Lorenzo Ciufo

Partecipazione - Università Roma Tre 27 marzo 2012 - Seminario 'Verso il pubblico: poesia, musica, spettacolo, impegno' a cura di G. Guanti e R. Raieli

Verso il pubblico
poesia, musica, spettacolo, impegno


Seminario a cura di Giovanni Guanti e Roberto Raieli
con la collaborazione dell’associazione culturale Terre Vivaci
con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù
Università Roma Tre, DAMS – Dipartimento di Comunicazione e Spettacolo
aula B4, via Ostiense 139, Roma


27 marzo, 4 aprile, 17 aprile 2012, ore 17.00-20.00


27 marzo
Presentazione
Maria Grazia Calandrone
Maurizio Soldini


Performance di
Rita Pacilio


4 aprile
Valerio Magrelli
Plinio Perilli
Performance di
Faraòn Meteosès


17 aprile
Veniero Scarselli
Letture di Dario De Rosa
Performance della
Ensemble Vocale Roma Tre


27 marzo 2012, dalle 19.00 alle 20.00
Performance di Rita Pacilio
Jazz in versi: contaminazione di poesia e musica jazz
Antonello Rapuano, pianoforte
Giovanni Francesca, chitarra elettrica
Vincenzo Saetta, sassofono
Rita Pacilio, voce e autrice dei testi


*
4 aprile 2012, dalle 19.00 alle 20.00
Performance di Faraòn Meteosès
Conversation
APPASTRACCIA
Massimo Frasca, batteria e percussioni
Fabio Bertoli, contrabbasso
Miguel Charles, sassofono tenore
Maurizio Ponziani, pianoforte
Faraòn Meteosès, poesia (voce recitante)


*
17 aprile 2012, dalle 18.00 alle 20.00
Letture di Dario De Rosa
Sposa diletta
Lettura del poemetto di Veniero Scarselli
Performance della Ensemble Vocale Roma Tre
direttore Maria Isabella Ambrosini
Esecuzione di musiche polifoniche
J. des Près (1440-1521), Mille regrets
G. P. da Palestrina (1525-1594), I vaghi fior e l’amorose fronde
C. Gesualdo da Venosa (1566-1613), Luci serene e chiare
C. Monteverdi (1567-1643), Ecco mormorar l’onde
R. Thompson (1899-1986), Alleluja





Rita Pacilio voce e autrice dei testi
Antonello Rapuano pianoforte
Vincenzo Saetta sassofoni
Giovanni Francesca Chitarra elettrica ed elettronica

Recensione - Rita Pacilio su La bellezza del nero di Daniela Muti - La Vita Felice 2012

La bellezza del nero
di Daniela Muti
La Vita Felice
commento di Rita Pacilio

Daniela Muti nella sua opera in versi, La bellezza del nero, spinge il fascino concettuale delle parole fino al punto più cavernoso e oscuro della psiche dell’animo umano: è un continuo rilancio ambizioso verso l’inseguimento delle radici delle elaborazioni dei lutti, delle separazioni dalle cose. La sofferenza, il male dell’esistere si afferma in modo assolutamente oggettivo che vibra nella restituzione poetica in una forma necessariamente percettibile e meravigliosamente universale tanto da farci sentire nello stesso sangue, nella stessa materia di chi scrive. Ci si eguaglia nel riconoscersi nelle umanità antropologiche e il punto di vista dell’io si proietta in un plurale ribaltato e cosmologicamente consapevole tanto da ritrovarsi nel tu rispecchiato e contrapposto alla verità di tutte le vite altre.  E’ il gioco delle parvenze e delle direzioni espressive che partono dal profondo della coscienza per arrivare allo strato più sublime dell’io poetico. La Muti legge il destino del tetto sul mondo e non vacilla quando il buio della notte viene avanti sulle pure, chiare intenzioni ancora nascenti. Le vede invecchiare, maturare, morire all’istante: è il corso del tempo che fugge e sfugge all’estasi della parola e al tormento di un cuore che scruta anche ciò che non esiste più. Il silenzio non è mai tale il buio/non è mai tale (G. Leopardi): la poetica della Muti non è fatta per confortare il genere umano o per insegnare a dominare il senso del dolore. A volte le sofferenze spariscono nello stesso buio da cui la luce risale in una metamorfosi esperienziale che appaga l’irrequietezza umana ricomponendo l’aura di uno spazio profondo e in continuo movimento. Il poeta saggio è l’amante della sua imperturbabile vertigine: l’interazione è dinamica tra la voglia di libertà interiore e lo spostamento verso la profondità dei gesti della memoria. L’esplorazione del macrocosmo è la corrispondenza di una vicenda microesistenziale stratificata; il lettore declina ogni suo travaglio personale e lo trasfigura in una questione divulgativa con un significato compiuto, non taciuto, non omesso. Dopo viene presto la quiete. Non mi servono immagini del mondo senza contraddizioni (Hans Magnus Enzensberger). Nello scarto di un gesto/Stringere il sangue//E la luce (Daniela Muti).
Rita Pacilio


Recensione - Rita Pacilio su Massimo Pacetti - le gemme (curato da Cinzia Marulli Ramadori) - Edizioni Progetto Cultura

Tempo Massimo
Di Massimo Pacetti
le gemme
Edizioni Progetto Cultura
Commento di Rita Pacilio

La silloge poetica Tempo Massimo di Massimo Pacetti è un percorso poetico che si muove lungo una dimensione personale ricercando, attraverso la decifrazione del 'tempo', la verità vissuta ed immaginata del confine tra la realtà e il possibile. 'La rifrazione del verso a volte diviene paura d'inganno e la si rifratta in un tempo particolare, in una scheggia, si usa il simbolo per alzare e rendere perenne una entità che sfocia nel pensiero comune'. E' il 'tu' che diventa, infatti, il tempo letterario, la strada non percorsa o forse quella del ricordo e che resta sempre nitida nella mente come 'il viaggio più lungo'. Pacetti ci porta in luoghi intimi ed universali, come sentieri tracciati, dove i tormenti si quietano; i versi vengono sussurrati, ma non nascondono i pensieri del mondo. A volte la parola poetica gioca con la filosofia di vita e il senso cosciente diviene aspetto quasi inconsulto e forza assoluta di associazioni liberatorie, creative. Questa è l'emancipazione della poesia che non è mero esercizio concettuale, ma che si lascia andare a funzioni di libertà delle parole non rientrando esclusivamente in schemi  di forme retoriche accademiche. Il tempo regna sovrano nell'opera e in effetti esiste come pensiero che coordina la logica e la scienza. Nulla sfugge al dominio della durata del cosmo come momento e luogo di bisogno in cui ordinare il mondo fisico e metafisico rendendo gli istanti umani meno fuggitivi e sempre più folgorati da un presente che azzera ogni fatalità enigmatica e finita. ' ... In effetti, possiamo interpretare la seconda topica di Freud, e tutto un aspetto del suo pensiero, nel modo seguente: la nostra vita ha due poli di cui uno (das Ich) certamente è quello che punta alla fusione degli orizzonti, alla monocromia. La logica e la supposizione di una Realtà sono le stanze principali di questa fusione omologante, universalizzante. Nella logica, ancor più che nell'inconscio, non esiste il tempo, la logica tratta della verità in tutti i mondi possibili e in tutti i tempi possibili. (Per questa ragione Lacan ha potuto affermare che l'inconscio freudiano, proprio perché atemporale, ha una struttura fondamentalmente logica). Ciò che chiamiamo realtà fa eco all'appello per  un fondo comune, all'istanza di un tempo assoluto che farebbe orbitare attorno a sé tutti i tempi particolari. L'universalità funzionale del razionalismo, automatizzando la vita, annulla il tempo. La prova di una realtà comune e universale diventa la macchina, l'automatismo. La macchina è l'ideale atemporale, non solo del razionalismo ma anche di alcuni soggetti, in particolare dei soggetti ossessivi ...' (Sergio Benvenuto)
La psicanalisi ha sottolineato, quindi, che il tempo rappresenta spostamenti o metafore al fine di arrivare all'oggetto desiderato per agirlo, per definirlo e concettualizzarlo nell'Io profondo che sogna, medita e partorisce idee. Un Tempo Massimo come 'forza, energia vitale, per attraversare e non per eludere il silenzio e la morte' (Yves Bonnefoy).


Rita Pacilio

Poesia - 'Non camminare scalzo' Rita Pacilio - Edilet Edilazio letteraria 2011



































... 'Anche mia nonna conservava una chiave nel reggiseno. Non la lasciava mai. Era la chiave di una panca di legno tarlato che apriva quando tutti i suoi figli erano lontani da casa, quando era sola. La vedevo calarsi come un’acrobata. Lasciava mi arrampicassi anche io per sbirciare le sue cose gelosamente custodite, anzi nascoste al mondo. Ero l’unica testimone. I nostri occhi, di tanto in tanto, si incrociavano complici e lei mi parlava come fossi grande. Non comprendevo i suoi pensieri ad alta voce, ma ascoltavo ed annuivo. La guardavo con gli occhi sgranati e annuivo. Mi stava dicendo cose importanti ed io mi sentivo privilegiata e felice. Dalla panca si alzava un profumo di sapone per le mani e la sua biancheria intima era impregnata di odore di viole a ciocche. Nascondeva anche una bottiglia di liquore, delle caramelle e alcuni fogli, lettere d’amore dal fronte, che non aveva mai saputo leggere. Trascorrevamo minuti preziosi. Tutto era magico e speciale. Tutto chiuso a chiave. Tutto solo suo e del nostro segreto.'

da 'Non camminare scalzo' Rita Pacilio
Edilet Edilazio letteraria 2011

dedicato alle donne, oggi 
8 marzo 2012