Recensione - R. Pacilio per 'Doso la polvere' di Anna Toscano - La Vita Felice 2012



Doso la polvere
Anna Toscano – La Vita Felice 2012
nota di Rita Pacilio

La verbalizzazione poetica spesso incontra, in modo provocatorio, gli atti spettacolari, estetici e/o drammatici della ragnatela della vita. È attraverso la poesia che emergono variazioni e valutazioni degli avvenimenti che accadono anche in frazioni di attimi come reportage di esperienze di un mondo semplice, elementare nella sua complessità. Una forma di contenuti che esaltano e celebrano la potenza delle piccole cose giungendo a unificarsi alle complicanze che la mente umana sigilla nell’ampio registro intellettuale: Doso la polvere di Anna Toscano, LVF 2012, ci insegna l’attenzione minuziosa al costante allineamento del punto di vista oggettivo e formale rispetto alla risposta empatica del verbo poetico. La lente si focalizza sui punti mediani del vero e sgrana fino alla polvere ultima dell’interrogazione intenzionale e programmata in cui domina l’essenza profonda della visione. Il grande spazio viene sezionato dall’autrice che si mostra maestra colta della centralità dell’angoscia caotica esistenziale. Luoghi e ideologie sono legittimate dal percorso fisico/corporale e dallo storicismo in cui lo sguardo della Toscano pone attenzione, una opzione cronologica, come per scansionare un foglio di carta per fotografie.  Il livello stilistico avalla la scelta ordinata delle parole che arrivano a noi nella misura significante e fedele della realtà dimostrabile e non modificata, non artefatta. Non è omessa la perizia dello spazio interno: senza alcuna retorica Toscano propone l’identità vitale contaminata dal suo ambivalente significato, conservando, come termine di paragone, la continua trasformazione dell’individuo e il suo imprevedibile scarto di energie. I flash vengono scattati in più strade, in diversi momenti. Camminando per incrociare i pensieri e scrivere del fuggevole atto, le angolazioni gestiscono con sapienza la quotidianità aggrappata ai paradossi apparentemente comprensibili, chiari. Non sempre la filosofia del vivere corrisponde al guizzo del battito: l’atto dell’esistenza può essere trasformato in qualcosa che non c’è più. 

http://www.lavitafelice.it/news-recensioni-r-pacilio-per-a-toscano-952.html


Recensione - R. Pacilio per 'Nelle tue stanze' - Progetto Cultura - Le Gemme a cura di Cinzia Marulli Ramadori - 2012






Nelle tue stanze
Marzia Spinelli – Progetto cultura, Le Gemme 2012 a cura di Cinzia Marulli Ramadori
nota di Rita Pacilio

Le immagini poetiche racchiuse nell’eleganza del verso utilizzato da Marzia Spinelli Nelle tue stanze, plaquette per Le Gemme di Progetto Cultura, a cura di Cinzia Marulli, penetrano i sentimenti oltre il visibile, il condivisibile. Al lettore/interlocutore viene affidato, abilmente, il senso compiuto di un itinerario emozionale e personale dell’assenza. La mancanza di un membro familiare e l’elaborazione dell’abbandono mediano, in poesia, l’accumularsi di diversi piani di ammonimento, analisi, scrupolosa considerazione del compiersi. Le regole retoriche del linguaggio si rassegnano di fronte all’ammasso di numerose voci invisibili e mai smarrite, vissute come tracce plausibili in continua osmós, "spinta, impulso’, per discernere l’atto della vita dal pensiero della morte. L’elegia del significato non ricade nella storia malinconica dell’esperienza personale vissuta dall’autrice, ma si veste di universalità narrante, trascrivendo le cose intorno a sé e dentro di sé come lettura filosofica del simbolo urgente e compagno di viaggio. Spinelli supera le distanze infinite comuni all’umanità, non si smarrisce di fronte alla Madre che vive luoghi e stanze colme di essenza e di verità: si colloca, invece, nell’equilibrio del pensiero del corpo dilatato (Josè Lezama Lima, Eugenio Barba) con la consapevolezza della figlia matura, che rinuncia, che comprende, che riconosce il ciclo vitale e lo accoglie. Gli ambienti sono i punti di partenza e di arrivo: il lettore viene coinvolto nella compassione attiva, un sentimento che in Oriente significa pregnanza empatica, che condivide, dunque simpatetico. I passi dolorosi del lutto traducono altre dimensioni e l’autrice sa contenerli in versi che non sfuggono alla bontà della poesia contemporanea. La celebrazione temporale e fisica del distacco rispetta la ricerca della continua protezione del sé spirituale/intimo per sottolinearne la presenza nel tempo di una memoria che presuppone il contatto con la vita. Non si frantuma il senso del dentro, né quello del fuori. Nelle tue stanze domina con maestria l’eterno esoterico, enigmatico rapporto corpo/anima a cui tende l’universo intero.

Recensione - Salvatore Contessini per 'Gli imperfetti sono gente bizzarra' di Rita Pacilio - LVF 2012






I BIZZARRI IMPERFETTI

Sulla bizzarria dell’imperfezione umana, improvvisa, si apre una veduta, simile all’effetto di un ciottolo tonfato in uno specchio d’acqua ferma che ne plasma la superficie con uno stiramento progressivo di concavità estenuante finché la forma liquida, come un cielo elastico, plasticamente si richiude per ricoprirne l’esistenza, nascondendone l’evento e ristabilendo l’equilibrio turbato.
È questo che accade leggendo la silloge di Rita Pacilio: “Gli imperfetti sono gente bizzarra”.
Una proposta che modella la poesia su un tema ostico, spigoloso, privo di insenature rassicuranti; un percorso che misura l’inconsueta organizzazione di un non luogo dove vengono confinati gli imperfetti, concentrati in una bolla di vita che non pulsa ai ritmi cui siamo soliti riferirci. È la descrizione del ghetto della diversità, del rifiuto a integrare la difformità nel flusso della quotidianità dei “normali”.
Sono queste le prime evidenze a cui Rita ci rimanda: folle tra i folli, tramite la follia altrui ci narra della sua, con l’intelligenza che distoglie da sé l’attenzione per portarla là dove occorre riflettere intensamente. È un bel binario che si offre in lettura, interrogazioni con un ordito sociale che hanno una trama individuale. La trama di una sensibilità che coglie le ragioni o lo stato del diverso dopo aver colto le proprie diversità e le proprie ragioni inconfessate, frutto di chissà quali profondi disagi subiti. Avverto quasi una continuità con “Non camminare scalzo”, narrazione romanzata in cui l’autrice si è sperimentata come scrittrice su temi che qui ritrovano una più densa modalità espressiva, che oltre il ritorno alla forma poetica si avvale di un potente mimetismo con passaggi dal “sé” all’“altrui” che arrivano diretti al nocciolo del tema presentato.
In ogni verso viene confermata la descrizione meticolosa della condizione di diversità a cui, per comodità, attribuiamo il termine follia; l’accurata descrizione passa per la folle sagacia con cui l’autrice ne scarnifica l’essenza, privandola di inutili orpelli che più facilmente la rendono accettabile.
Il luogo della perdizione e del ritrovo ha una sua geografia di rimando usata come cornice alla narrazione, centro intorno a cui gravita la catapulta dei pensieri: «Il posto più lontano della solitudine…la composta delle cose».
È il posto delle fragole, uno specchio d’acqua vulcanica che ha sopito il fuoco, il cono tronco incoronato dal bosco sacro di Artemide, una selva di querce e di lecci che ha il lago come epicentro, il Sacro Specchio di Diana Nemorensis, dea delle foreste e della natura selvaggia, regno perduto in cui la selvaggina appare sostituita dalla popolazione degli imperfetti da lucus a silva, «dietro i vetri nessuno suona flautila prigione di mio fratello/ è oracolo timido».
È questa emersione parentale un altro degli indizi che dà il senso della silloge, il carico da sostenere dell’esistenza avversa, il vincolo di sangue che stringe al tormento del ruolo mutato di chi assolve alla cura dell’esistenza altrui: «Noi dispiaciuti li guardiamo enigma senza soluzione».
Con questo nuovo lavoro Rita ci regala un punto di approdo più alto nel suo percorso poetico, ormai giunto ad una maturità palpabile, strutturato con quartine sempre più accorte, ed una cura al lessico e alle figure retoriche che supera le più rosee aspettative. Conferma progressiva di una voce e di una scrittura autentica e potente, che si presenta sempre innovativa con sperimentazioni e temi che fanno della singolarità una delle cifre distintive della sua poesia.

Dicembre 2012

Salvatore Contessini

 http://www.lavitafelice.it/news-recensioni-s-contessini-per-r-pacilio-939.html

Recensione - Eugenio Borgna per 'Gli imperfetti sono gente bizzarra' di Rita Pacilio - La Vita Felice 2012




Gentile dottoressa,

non leggevo da tempo poesie contemporanee di questa dolorosa arcana bellezza e di questa meravigliosa attonita grazia. Le ho lette, l'una dopo l'altra, affascinato e commosso dalle immagini, dalle metafore, dalle invenzioni linguistiche, dagli snodi tematici, dalle intuizioni di quella che è la voce segreta e lancinante della sofferenza psichica, dalla delicatezza e dall'amore con cui lei fa suo il dolore dell'anima di Alfonso. Non sono, ovviamente, un critico letterario ma da sempre leggo poesie che mi aiutano a resistere, e a comprendere meglio il dolore e la tristezza, la gioia ferita e l'angoscia, che sono nel mondo; ma di queste emozioni lei ci dona testimonianze inaudite e indimenticabili. Non posso se non ringraziarla, di cuore, di questo libro che ho letto, e che rileggerò senza fine. Quasi qualcosa del pensiero poetante di Georg Trakl: giungo a dirle questo. Grazie, grazie infinite, e che il Natale le sia sereno.

Eugenio Borgna
4.12.12

 http://www.lavitafelice.it/news-recensioni-eugenio-borgna-per-r-pacilio-923.html

Partecipazione - Reading di poesia - 22 dicembre 2012 - Pub Tequila – Piazza Pitesti CASERTA




Letteratura Necessaria – Esistenze & Resistenze
Azione N° 26

Sabato 22 Dicembre ore 17.30
Pub Tequila – Piazza Pitesti
CASERTA

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PROGRAMMA

Rita Pacilio
Gli imperfetti sono gente bizzarra
La vita felice edizioni, 2012

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Anna Ruotolo
Testi inediti e tratti da
Dei settantaquattro modi di chiamarti
Raffaelli editore, 2012

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Reading di Lucia Pinto
su testi inediti

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“Il Baratto” (quinto step)
Libero interscambio di testi tra gli autori presenti

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“Babel” (secondo step)
Lettura bilingue di testi estratti da
Il Verbaio – Dettati per (e)stasi a delinquere
di Enzo Campi
su traduzioni di Silvia Molesini
a cura di Lucia Pinto, Anna Ruotolo



 http://letteraturanecessaria.wordpress.com/2012/12/11/letteratura-necessaria-azione-26-caserta/loc-caserta-xx/


Recensione - Rita Pacilio su 'Gli scorpioni delle langhe' (Poesie con radici) di Tiziano Fratus - La Vita Felice 2012




Gli scorpioni delle langhe
(Poesie con radici) di Tiziano Fratus – La Vita Felice 2012
nota di Rita Pacilio


Le origini possono essere ovunque sia se parliamo di botanica, di zoologia, medicina o geologia; le origini mettono radici, fissano una storia, delineano un percorso. ‘La poesia è la pienezza esistenziale … la poesia è una prova e una manifestazione della realtà … non guardo la poesia da un punto di vista letterario, ma antropologico, cosmologico’ (Kenneth White). Tiziano Fratus, nel lavoro poetico Gli scorpioni delle langhe (Poesie con radici), edito La Vita Felice, esplora il mondo e le sue terrene viscere lasciandosi attraversare dalle emozioni e dai suoni non inquinati/inquinanti delle aree geometriche territoriali visitate. La letteratura e la poesia, o prosa poetica, infatti, diventano lo strumento per partecipare ai lettori le tradizioni culturali e il pensiero umano che appartengono al luogo destinatario, ma soprattutto, la recitazione cosciente del viaggio avanzato nelle storie umane. Le parole appaiono come lunghe passeggiate, complesse e ordinate dal senso profondo del rispetto del paese, dell’usanza, delle persone. Le prospettive  aprono nuove angolazioni e penetrano con rapidità i vari problemi esistenziali muovendo suggestioni  e sequenze di cortometraggi emozionali. L’interscambio tra la consueta vita e la percezione dell’autore ci spalanca all’apertura piena e consapevole delle metafore del paesaggio naturale e umano sezionando le varietà del dentro/fuori come un lungo mondo organico e indefinito. L’impulso musicale della parola trae radici dalla musicalità delle cose che non sono orfane rispetto al senso e alla necessità, ma sono la giusta emissione fisica e spirituale della costruzione della bellezza. Ogni sequenza poetica segue la filosofia profonda del sentiero visivo e contemplativo che genera conoscenza e valorizzazione del tempo su cui la memoria si enfatizza e si ripiega. La poesia di Fratus si incammina tra la gente con occhi e orecchi alchemici, scientifici capaci di mostrare al lettore più realtà ed esistenze sensibili utilizzando saggezza ed essenziale concentrazione. L’autore si fa carico di accostare il paese/terra e l’uomo/società all’ebbrezza struggente del brivido etico che caratterizza un lavoro poetico coltissimo e puntigliosamente in progress.


Recensione - Brindisi degli Angeli di Anila Hanxhari – La Vita Felice 2012 nota di Rita Pacilio




Brindisi degli Angeli
di Anila Hanxhari  – La Vita Felice 2012
nota di Rita Pacilio

‘Penso che la poesia debba essere innanzitutto utile … utile a tutta l’umanità, a un popolo, a una sola persona. Utile a una causa, utile all’orecchio’ (Nazim Hikmet); infatti, se il poeta, che vive profondamente la realtà del mondo, riesce a universalizzare il suo sentire, offrendolo ai lettori con generosità, compie una azione di utilità a tale concretezza. 
Brindisi degli Angeli di Anila Hanxhari  è un lavoro poetico, edito da La Vita Felice, che realizza lo scopo di voler comunicare, con un unico linguaggio stilistico, la totalità della vita vissuta attraverso il cuore/mente che ha spaziature geografiche dilatate e che è disposto a denudarsi delle forme di nostalgia legate al puro sentimentalismo. L’Autrice attraversa tematiche umane, la maternità, le distanze, l’amore, la fisicità, il soprannaturale, che aspettano l’acquisizione, la risoluzione e la completezza sui volti delle persone conosciute e sconosciute. Il dialogo con il mondo e le sue cose avviene in armonia portando con sé l’eterna speranza della comprensione, della giustificazione del male, della separazione implacabile dalle/delle radici. Appartenere e appartenersi è un sottile scambio di passionalità effimera e spesso dichiarata che si svela nella parola arcana amore. A volte è il tempo e la sua progressione accanita, inesorabile a contaminare la quiete e lo spazio doloroso in cui l’autrice si rifugia per discorrere, lontano dai pregiudizi e dal simbolismo del reale, con l’altro/lettore al fine di trovare il punto fragilissimo dell’unione. Anila Hanxhari  conosce bene le distanze e le coincidenze; condanna con forza la potente incomunicabilità sociale. Chiede soccorso e parere a Dio, che guarda e osserva il ciclo vitale, avvicinando alla croce l’esperienza mistica dei singoli uomini. È nella ferita, nel dolore che si possono trovare risposte: una specie di trasfigurazione della materia che rischia di deresponsabilizzare la condizione vulnerabile dell’uomo. Invece, l’autrice si mostra attenta a superare le banalità legate a scritture poetiche celebrative e si apre a destini più alti, più necessari per testimoniare che l’amore e il bene sociale (ben-essere: stare bene insieme) sono i punti cardini per raggiungere il rispetto di se stessi e degli altri.