Nessun mortale può
mantenere un segreto:
se le labbra restano
mute parlano le dita (S. Freud)
(Appunti sulla Comunicazione
e sulla Comunicazione non verbale nella Mediazione familiare)
Rita
Pacilio
- La Sociologia della Comunicazione
Della Comunicazione se ne è occupata la
Psicologia sociale e la Sociologia. La Sociologia
della comunicazione è quella branca della Sociologia che studi,a in modo
dettagliato, le implicazioni socio-culturali che nascono dalla mediazione
simbolica con particolare riguardo ai mezzi di comunicazione di massa: la
radio, la televisione, la stampa, il cinema. Uno stesso messaggio mediatico può
avere differenti conseguenze sui gruppi sociali e, quindi, sui singoli
individui. Ecco perché lo studio sociologico si rivolge alle conseguenze di ciò
che viene trasmesso per poter utilizzare tecniche appropriate al fine di
comunicare correttamente, cioè in modo sano. Spesso la parola sociale viene fraintesa e assimilata
come sinonimo di diffuso, comune. Quando,
però, si parla di comunicazione sociale, nel
senso scientifico del termine, bisogna tener conto di alcune basilari tipologie
di comunicazione sociale:
- Il doppio legame: due individui uniti da legami affettivi o da relazioni relativamente importanti sono in una situazione di incongruenza tra il discorso verbale e il livello meta comunicativo (non verbale, tono di voce, atteggiamenti). L’episodio della madre che parla al figlio malato di mente, riportato da Batson, lascia riflettere sulla contraddizione che può avere un messaggio. Il figlio, in uno slancio d’affetto, tenta di abbracciare la madre che, di fronte a questo gesto, si irrigidisce. A questo punto, deluso e imbarazzato, si ritrae anche il ragazzo. La madre gli dice: ‘Non devi aver paura a esprimere i tuoi sentimenti!’ Il significato dell’irrigidimento corporale della madre è molto diverso da quello delle sue parole: infatti la sua comunicazione verbale esprime il contrario dell’atteggiamento del suo corpo.
- L’effetto carrozzone: in questa tipologia di comunicazione sociale molte persone imitano il comportamento degli altri perché lo ritengono giusto e riconosciuto. Questo effetto viene anche denominato effetto del gregge riferendosi ai gruppi adolescenziali.
- La comunicazione virtuale: ciberspazio e gli spazi virtuali sono considerati come spazi di interazione sociale. Le parole realtà virtuale, però, racchiudono una contraddizione ossimorica perché la nostra abitudine ci porta a definire virtuale come non reale. Per questo motivo molto spesso tendiamo a eliminare le realtà nei fenomeni virtuali tanto da individuare lo spazio virtuale come uno spazio non fisico.
Il ciberspazio è visto,
comunque, come l’illusione di uno spazio finito in cui l’individuo investe la
propria sfera emotiva. La comunicazione del web spinge l’individuo a caricare
l’azione di aspettative perché sulla parola scritta viene trasferito anche il
significato della diversa dimensione espressiva del suono della parola stessa attribuendole
il senso personale, emozionale/umorale del momento. Venendo meno la dimensione
materiale, cioè il contatto, si cerca di colmare questa imperfezione
adeguandola al proprio sentire e ai desideri personali. Gli spazi virtuali,
intesi come spazi di interazione sociale, in cui viene richiesta la compresenza
temporale dell’emittente e del destinatario del messaggio, sono la chat, a due o a gruppi con eventuale
videochiamata, la videoconferenza (comunicazione
asincrona), mentre la comunicazione asincrona, in cui è possibile scegliere il momento di
partecipazione all’interazione, riguarda la comunicazione via posta elettronica. Le persone che
solitamente condividono uno stesso interesse scambiano le proprie informazioni
attraverso la mailig list oppure,
dedicandosi a uno specifico argomento, utilizzano i newsgroup. La nocività o l’utilità di queste tipologie di
comunicazione è data dall’utilizzo che ogni individuo ne fa; infatti è
possibile che venga manipolato il messaggio attraverso:
1.
La
via unilaterale (tecnica del convincimento che le
proprie idee sono quelle giuste)
2.
Atteggiamento
consapevole (riconoscere la complessità e la
diversità delle parti)
3.
Abbandono
del pregiudizio (sostituzione con curiosità, cioè
esplorazione partecipata, chiara e aperta del mondo intorno a noi)
4.
Comprensione
(emissione bidirezionale e continua di informazioni tra le parti che tengono un
discorso di interesse comune)
Il
senso di identità ha origine da una sensazione di contatto con il corpo. Per
sapere chi è, un uomo deve essere consapevole di ciò che sente. Dovrebbe cioè
conoscere l’espressione del suo viso, il suo portamento e il suo modo di
muoversi. Senza questa consapevolezza delle sensazioni e degli atteggiamenti
corporei, una persona è vittima della frattura che si crea in uno spirito
estraniato dal corpo e in un corpo privo dell’incanto dell’anima (Alexander Lowen)
- La Comunicazione non verbale nella Mediazione familiare
La comunicazione non
verbale nella Mediazione familiare e dei conflitti interpersonali si sofferma
sulle definizioni che ciascuno vede e sente nella relazione. Nel XVIII sec. lo
studio della comunicazione non verbale, in particolare l’approfondimento sul gesto di Diderot (1751) e Condillac
(1756), era considerato un elemento
fondamentale e determinante per la comprensione dell’origine del pensiero e del
linguaggio. Anche gli studi di Tylor (1878) e Wundt (1901) sulla sfera non
verbale erano ancora asistematici, legati alle teorie sulla transazione
dall’espressione individuale al linguaggio codificato con l’unico scopo di
suffragare le innumerevoli teorie filosofiche sull’origine della società. Nonostante
Bloomfield (1933), Bolinger (1975) e Pike (1946) mostrassero interesse per la
questione, la linguistica si è dedicata tardi a questa tipologia di studi
(Bloomfield (1933/39): Il gesto
accompagna il parlato ed è soggetto a convenzioni sociali. Tuttavia il suo
meccanismo è ovvio). I modelli della comunicazione nella mediazione sono:
1.
Comunicazione
lineare (un segnale (messaggio) passa da un emittente
(mittente), attraverso un trasmettitore, a un destinatario (ricevente),
attraverso un recettore, lungo un canale fisico (supporto materiale).
2.
Comunicazione
circolare (ogni messaggio o comportamento è effetto e causa
di altri messaggi e comportamenti)
- Gli assiomi metacomunicazionali.
1° assioma: non si può non comunicare (la
comunicazione avviene comunque, anche quando non è intensionale o a livello
conscio).
In mediazione qualsiasi
comportamento, parole o silenzi, attività o inattività dei soggetti ha il
valore di messaggio)
2° assioma: la comunicazione si divide in contenuto e
informazione e in relazione o comunicazione non verbale (metacomunicazione).
Per il Mediatore questo
secondo assioma deve essere interpretato non meccanicisticamente al fine di non
attribuire eccessivi e alterati significati comunicativi ai comportamenti delle parti in conflitto per
non rischiare l’acutizzarsi del contrasto. Spesso i configgenti credono di
scontrarsi per ragioni di contenuto, in realtà il vero contrasto ha motivazioni
nella relazione. A questo punto il Mediatore è chiamato costantemente a
ridefinire il processo comunicativo per limitare l’incidenza della
metacomunicazione e di ricondurre le parti in conflitto all’effettivo contenuto
dei messaggi. Quando di fronte a un
essere umano fate un’affermazione o una domanda, questi vi darà sempre una
risposta non-verbale (R. Bandler – J Grinder (1979), ‘La metamorfosi
terapeutica’.
3° assioma: la natura della relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
Il Mediatore può
aiutare a risolvere i casi di malintesi e conflitti spostando il piano del
confronto: es, il marito e la moglie che si stanno separando possono uscire
dall’empasse solo a patto di comunicare sulla loro comunicazione. L’alternanza continua fra messaggio e
feedback rende la comunicazione umana un processo continuo per cui un
osservatore esterno potrebbe considerare una serie di comunicazioni come una
sequenza ininterrotta di scambi (Corrieri F.) Passare dal cosa al come aiuta a ottenere una posizione reciproca all’interno della
coppia. Infatti, le persone mosse da emozioni,
aspettative e desideri diversi, in questo modo, possono interpretare il
processo comunicativo segmentando diversamente la comunicazione tra di loro.
4° assioma: gli esseri umani comunicano sia con il
modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico manca di
semantica relazionale, ma ha una sintassi logica efficace. Il linguaggio
analogico ha la semantica, ma non la sintassi adeguata per definire la natura
delle relazioni. Quindi il codice verbale e quello non verbale sono complementari
perché servono a rinforzare in modo reciproco il messaggio. Tuttavia si darà
maggiore credito al messaggio non verbale perché viene ritenuto il più
veritiero e diretto.
5° assioma: tutti gli scambi di comunicazione sono
simmetrici o complementari a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla
differenza (scambi simmetrici: Avvocato – Avvocato; Medico – Medico;
Insegnante – Insegnante. Scambi complementari: Avvocato – Cliente; Medico –
Paziente; Insegnante – Allievo). Il Mediatore cercherà di alleviare gli
atteggiamenti rigidi tra i due che comunicano al fine di non sfociare in una
comunicazione patologica o fallimentare.
- La Comunicazione non verbale nel bambino e nell’adulto
Gli approcci di studio
del comportamento non verbale nel bambino e nell’adulto fanno riferimento alla
psicologia e alla zoologia. Le prime
impressioni che riceviamo in qualità di esseri viventi devono essere sensazioni
di intimo contatto fisico … all’interno dell’utero materno. L’input maggiore al
sistema nervoso ancora in fase di sviluppo consiste in varie sensazioni di
tatto, pressione e movimento … (Morris, 1971) Il comportamento non verbale dell’adulto, per entrambe le
discipline, è fortemente influenzato da modelli comportamentali innati o
appresi nel periodo pre e post-natale. Nello stadio più avanzato il feto
avverte la pressione delle pareti uterine ed è soggetto a variazioni ritmiche
da parte dei polmoni materni mentre la madre respira e a ondulazioni più o meno
regolari quando la madre cammina. Da bambini, quindi il corpo è la nostra
abitazione: viviamo dei nostri sensi rispondendo in modo immediato agli impulsi
che ci arrivano. In quella fase le nostre emozioni sono molto forti e sincere e
dopo averle manifestate le dimentichiamo per passare ad altro. Il bambino vive
in sintonia con i propri ritmi individuali e le energie che ha a disposizione
senza avvertire tensioni che possano offuscare la regolarità della vita perché
la sensibilità infantile non è ancora intaccata o offuscata. La comunicazione
non verbale in un adulto può essere definita poeticamente come una danza
sottile, quasi inconscia, che si sincronizza con l’andamento del discorso e con
i movimenti corrispondenti dell’ascoltatore. I due partner sono vincolati a questa sequenza di movimenti ritmici
sincronizzata con precisione e la coordinazione linguistica dei loro gesti, che
si innescano a vicenda, dura finché essi rimangono coinvolti nella
conversazione (La Rete della Vita, F. Capra, 1997). I segnali del corpo che
accompagnano l’espressione verbale sono:
- Tono della voce
- Espressioni facciali
- Contatto visivo
- Contatto corporeo
- La postura
- L’orientamento
- I gesti
- La prossemica
Possiamo esprimere con
il nostro corpo ciò che tentiamo di nascondere con le parole. Per questo motivo
il silenzio non sempre è carico di niente.
Il messaggio verbale, cioè cosa comunichiamo, rappresenta il 10% della
comunicazione; il tono di voce il 30% e il rimanente 60% riguarda il come comunichiamo, quindi il linguaggio
del corpo. Possiamo comunicare attraverso il nostro aspetto esteriore (conformazione fisica: lineamenti del volto,
altezza, peso, dimensioni; abbigliamento: vestiti, acconciatura, trucco,
accessori definendo e sottolineando l’appartenenza a categorie sociali), comportamento prossemico (distanza
interpersonale, contatto corporeo, orientazione, postura,) comportamento cinesico (movimento di busto e gambe, movimenti di
mani e braccia, movimenti del capo), volto
(sguardo e contatto visivo, espressione del volto), segnali vocali (qualità della
voce: tono, risonanza, qualità dell’articolazione; vocalizzazioni: caratterizzazioni vocali: pianto, sospiri, riso; qualificatori vocali: timbro, intensità estensione; segregati vocali: intercalazioni
sonore); silenzio (il silenzio non
sempre è carico di vuoto, di niente, di comprensione).
- Gli strumenti del Mediatore
Attraverso l’ascolto attivo (atteggiamento e
postura direzionati verso l’emittente senza interrompere il discorso, facendo
parlare fino in fondo, riportando a chi parla la riflessione del contenuto,
riportando il confronto con un messaggio in prima persona), l’ascolto passivo (contatto oculare,
postura aperta e inclinata in avanti, silenzio) il Mediatore cerca di sentire l’altro e se stesso
consapevolmente. La comunicazione problematica può assumere forme molteplici.
Esse possono riguardare uno degli interlocutori o entrambi (incomprensione dell’ascoltatore: quando
comprende oppure interpreta in modo sbagliato le intenzioni sottostanti al
discorso dell’altro; rappresentazione
erronea: quando, invece è il parlante a causare il fallimento della
comunicazione); possono riferirsi al contenuto del messaggio (mancato incontro
tra le intenzioni del parlante e l’interpretazione dell’ascoltatore) o
riferirsi alla relazione tra i soggetti interagenti (errori da parte dell’emittente: percezione interiore, scelta del
codice di trasmissione, il canale di trasmissione, il contesto. Errori da parte del ricevente: interpretazioni
soggettive, atteggiamenti personali, valutazione giudicante).
Secondo la psicologia
cognitivista l’elaborazione attiva dell’informazione avviene attraverso il
completamento dell’informazione, la negazione dell’informazione e l’adattamento
dell’informazione. Il modello pragmatico-relazionale focalizza le proprietà che
agiscono indipendentemente dalla nostra consapevolezza e che se vengono
rispettate danno luogo a una comunicazione efficace. Cosa accade quando non
vogliamo comunicare? Possiamo rifiutare la conversazione, accettare la
comunicazione con scarso interesse, possiamo squalificare la comunicazione
oppure comunicare attraverso il sintomo. Molto spesso le difficoltà di
comunicazione sono provocate dalla confusione che facciamo tra gli aspetti del
contenuto e quelli della relazione del problema. Al di là di ogni contenuto ciò
che comunichiamo in ogni messaggio è come
ci vediamo noi rispetto alla persona con cui stiamo parlando. Se ci vediamo
come amici possiamo avanzare un invito in cui la persona può rispondere in tre
modi: può confermarlo, può rifiutarlo, può disconfermarlo. Se ci sono
discrepanze sulla punteggiatura la comunicazione arriverà a un punto morto in
cui gli interlocutori si lanciano accuse reciproche e cattiverie fino ad
arrivare a comportamenti folli. Questo è l’effetto della profezia che si autodetermina. L’oggetto tipico di questa sequenza
è che la persona in questione è convinta di reagire ai comportamenti degli
altri e non di provocarli. Merton (1968) studiò ampiamente il fenomeno sperimentando
che se gli uomini definiscono come reali certe situazioni, esse sono reali
nelle loro conseguenze (effetto Pigmalione. Ovidio narra nelle Metamorfosi che
il principe-scultore di Cipro, Pigmalione, scalfì una statua così bella,
Galatea, che invocò la dea Venere di darle la vita perché si era innamorato di
lei).
L’io
in ultima analisi deriva da sensazioni corporee, principalmente da quelle che
scaturiscono dalla superficie del corpo. (S. Freud)
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