Poesia- 'Volo' dal rimpianto' di Rita Pacilio

Volò dal rimpianto al cappello di lana
una mano in bilico sulla valigia blu
e
il meteo in previsione. Il viaggio.
L’arte del perdono appartiene agli affamati
serviti a colazione disponendo ordine.
La vetrina del bar accostata alla consuetudine
risucchiò la piazza e il rintocco della mezz’ora.
Difficile correre, correre. Ignorare le prime gocce
piovute. Urlò una combinazione di cose taciute.
Cedere poco alla volta al come stai. Dimmi.

Recensione - 'Il bisogno della poesia' - articolo di Rita Pacilio

Il bisogno della poesia

di Rita Pacilio


In questi anni di crisi in cui la sfrontatezza delle nuove generazioni viene, molto spesso, soffocata dai periodici bilanci motivazionali e da aspettative illuse e tradite, nascono numerose poesie che come per disperazione e per incanto, rigenerano interrogazioni e meditazioni sull’arte, specie sulla scrittura. Le agenzie educative, i salotti letterari, le case della poesia ravvisano una stagione autonoma ed evidente che mostra l’urgenza del dire – molto spesso e purtroppo, anche dell’apparire. Si autorizzano ai libri destini nuovi, un fermento che festeggia, non in senso ideale, un percorso di dolore e di stanchezza quasi fisica, fisiologica. Le tematiche sociali e psicologiche vengono riprese per sollecitare riflessioni sul ritrovamento, o prima ancora, sull’eterna ricerca dell’identità e del vero. Il poeta diventa oggetto del suo verso, misterioso, essenziale, quindi la poesia rimodella le realtà esteriori e interiori soffrendo le tematiche intime e quotidiane in maniera autenticae ubbidiente. Il ritmo è cosparso di sopravvivenza e intelletto per proteggersi dalle tensioni intime difficili da ‘sistemare’.
 Tu non sei riuscita/ a salvarmi ed io/ non ho saputo prendermi/ cura di te/ così scrive Antonio Perrone in Curae. Un prendersi cura di se stessi e degli altri come a testimoniare l’assoluta difficoltà di tacere le domande prioritarie e, indubbiamente, misteriose, dell’animo umano. La responsabilità dell’autore che dialoga in maniera varia e drammatica sul senso dell’esistenza.
Poesia come ricordo gratuitamente concesso dal privilegio di appartenere a più lingue, diversi territori. I ricordi sono impressi su quei muri per necessità, per meglio sottolineare che i luoghi della fanciullezza tornano a farsi sentire nella loro interezza, con struggimento nostalgico senza incupire l’animo. Angela Ragusa in Inverso ritorno mette in evidenza i contrasti che dal mito si allungano e si deformano fino al reale restituendo voce e speranza a una terra di e per tutti.
Eppure la terra tradisce il patto di fedeltà alla vita. Tremando smette di essere remissiva all’uomo inghiottendo con crudeltà e ferocia ogni forma di esistenza. Irpinia di Alfonso Guida è il poema del visibile e dell’indicibile. Linea di impluvio. L’ombra dei bicchieri/ sull’indice. L’orologio mentale/ della notte. Senza buio. Ore senza/ buio./ Qui la parola prende il sopravvento sul dolore, infatti, lo stremo si trasforma in materia linguistica per non consentire alla coscienza di precipitare implacabilmente nelle macerie, per sforzarsi di sopravvivere alla cancellazione, per impedire lo scempio e la manomissione di ciascuna identità, non solo di quelle straziate dal terremoto del 1980.
Pompei, un’altra terra martoriata. Luigi D’Alessio concede ai lettori, grazie alla poesia, un sentiero privilegiato per stabilire un forte legame tra la memoria e l’immaginario. Contemplare rovine e scavi ci consente di accedere direttamente alla vita ridotta in scheletro, alle ossa pietrificate dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Non sapemmo/ o non sospettavamo/ che della nostra morte/ ne avreste fatto/ un vostro glorioso passato./ La poesia ha grandi forze quando stabilisce armonie perfette tra l’interiore e i paesaggi esteriori per questo motivo la costatazione del dramma riesce a riprodurre il movimento, i sentimenti e i pensieri di chi ha abitato quei calchi.
 È la storia dei popoli del Peloponneso a far nascere Di volo e di lava di Marisa Papa Ruggiero. Vicende che riprendono interiorità del passato per meditare paesaggi visionari del mediterraneo da cui la letteratura nutre ogni pezzo della sua anima. Natura, tempo, storia si intrecciano per denudare un sommerso sparito/in erosione/ come a un ritorno una fine/ le cento lastre di pietra/ le cento torce-guida/fiaccolanti/
Quindi il tempo, la natura e i segni della vita affermano, continuamente, un equilibrio perenne e fragile. La poesia scrive il carattere dell’uomo nei suoi ritmi più profondi: vita-morte-vita. Lo sapeva bene Marco Amendolara, da Salerno, a cui va il mio pensiero, non solo per la meditazione letteraria che ci ha lasciato, ma, soprattutto, per la ricchezza stilistica sottesa alla dignità del dolore insito nel significante. Ma nella sembianza umana, delle graziose forme di qualcuno/ nulla resta veramente in noi bene perenne/ se non spettri scuciti/ miseri simulacri che il vento sconfonde/. Poesie di speranza e incanto, disillusione e turbamento. Una mistura di significati poetici e filosofici molto commoventi, alti. Per La Vita Felice quest’anno è venuta alle stampe un’opera omnia La passione prima del gelo (poesie 1985 – 2008).
I Fatti deprecabili di Caterina Davinio ci mettono di fronte a innumerevoli problematiche sociali intese come scelte etiche. Le riflessioni accendono fari giganteschi sul senso di responsabilità del poeta che resta l’unica figura intellettuale capace di dar voce alla realtà e alle verità sottese cadendo ad ogni passo verso il perdono/ crollando dove colpisce l’eterno/ i nostri passi precari sulla terra/.

La poesia nasce dal bisogno di mettere a fuoco la vita per questo motivo Annamaria Ferramosca in Trittici ha necessità di investigare nell’arte della pittura per infilarsi e cucire un ricamo armonioso di parola/immagine. Negra corona sul capo intrecciata/ in forma d’infinito schiavo amore/ negro tetto di ciglia sovrappensiero/ occhi uragano impenetrabili/. In modo sottile e arricchito elabora, come accade in un confidente colloquio,  prodigiosi versi che narrano la vita e la sua ombra. Quindi, con destrezza e raffinatezza racconta in poesia la cronaca di un volto, il suo tormento, il bagliore di un colore e il suo incantamento.


Poesia - La poesia è l'incontro

La grazia è fatta di armonia e raffinatezza.
Una melodia. Un movimento gentile.
Mettere dove serve, togliere dove è inutile. 
Come l'incontro. L'attesa e la venuta. 
Esserci non tanto per esserci.
L'unico modo.
Dire e fare non tanto per dire e fare.
Uno stato di stupore sotto gli occhi di tutti e che non vede chiunque. 

Questo è la poesia. 
(Rita Pacilio)



Recensione - Carlo Di legge sulla poesia di Rita Pacilio - poesia e scrittura come impegno contro tutte le forme di violenza


Rita Pacilio: poesia e scrittura come impegno contro tutte le forme di violenza

Excursus a cura di Carlo Di Legge

Si manifesta, nella scrittura di Rita Pacilio, una modalità multipla della forza: forza della protesta, rabbia, per cui le cose sono tutt’altro che composte, e non le si può accettare senza fare qualcosa, sia pure una parola poetica espressa anche in “ Quel grido raggrumato”.
Ma provo a leggere in continuità le fasi principali della sua via di scrittura, come un solo sentiero:
1)      PROSA: Non camminare scalzo è l’incontro con la sofferenza propria e dell’altro. Lo sguardo è centralizzato sullo spazio interno del proprio vissuto e la dimensione parola poetica permette  ( … )  ( di ) portare a nuove vie di unione concrete e sociali. L’altro diventa l’allarme di una comunicazione difficile con se stessi o che non avviene più … (dall’introduzione dell’autrice)
2)      POESIA: Gli imperfetti sono gente bizzarra . Ed. La vita felice, Milano 2012 (collana Le voci italiane) trad. francese L’Harmattan, 2016
  Un dolente e splendente diario, personalissimo, dove la forza dei versi fila, tesse e spacca la mormorazione in cui pure restano raccolti, pronunciati da quel luogo inespugnabile che è lo spazio dell’essere sorella. «La prigione di mio fratello/ ha le finestre sorde». [...]
La sorella, lei sola conosce. [...] Tutto il viaggio all’inferno, questa dura traversata, dove i versi sono d’una bellezza sfiancate e maestosa, hanno un centro di diamante, castissimo e brillante: «Ho parlato al tuo corpo fraterno». [...]. (D. Rondoni)
Insomma: in questo momento si attraversa una specie di inferno, e, se ci si trova ad attraversare l’inferno, occorre andare avanti)
3)      POESIA: Quel grido raggrumato, silloge poetica   edita nella collana Le voci italiane da “La Vita Felice” (2014): “Basta girare la prima pagina per essere colpiti a sangue freddo, in un gesto incruento materialmente, ma capace di ferire nell’intimo. La poesia che Rita Pacilio ha voluto raccogliere in queste pagine fa male, scuote, sbatte violentemente contro il tranquillo procedere dei giorni, del quotidiano, mettendo a nudo situazioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma che in pochi si fermano a sentire. ( … ) è già nel sangue-poesia stesso la presenza di quei fattori che determineranno la fisiologica coagulazione, quel raggrumarsi dell’insieme ematico emerso dal silenzio e che ha solo bisogno di consapevolezza – propria e di tutti – perché il tessuto umano e sociale possa essere riparato. Ma raggrumata, ovvero finalmente fuori e quindi si spera in via di cicatrizzazione, di ripresa, è anche la Persona stessa, la voce di chi subisce, di chi è vittima di quanto denunciato nella silloge in poesia. (Angela Greco)

4)      POESIA: Prima di andare -  La Vita Felice, Milano 2016 (collana Le voci italiane)
Prima di andare è un lavoro in versi di alto ed elegante livello stilistico e linguistico. Rita Pacilio confessa la vita di una donna anziana che, grazie al ricordo del suo amore, tiene in vita la memoria del mondo. Diverse le tematiche sottese tra scienza e coscienza: la solitudine e la frustrazione dell’ammalato, l’indifferenza sociale, la dimenticanza correlata ad alcune patologie cliniche che mettono a dura prova quella parte del cervello che custodisce la memoria a breve e a lungo termine e, inoltre, l’amore, in tutte le sue forme, amore come vera e unica motivazione di vita. Il testamento simbolico e spirituale è per l’umanità intera.
Cinque lettere d’amore e trentanove poesie, suddivise in quattro sezioni –
Ti scrivo dal mio nienteGuardare il vento, sapere il vento, Riaffiorare, Nel posto dove volano gli uccelli, in cui vengono mostrate accuratamente la caducità delle cose e la permanenza dei sentimenti. (Dalla quarta di copertina)

 I nervi entrano ed escono dalla guerra
invocano la grazia solenne
del ritorno. Non ignorerò l’ardore di chi
siamo stati   
 I versi non possono riuscire in forza pacificata e tesa, ma risultano a tratti scurare l’intendere di chi legge, con i consueti e già rilevati effetti di spiazzamento:  una parte/ di scontentezza ha fatto comunella/ con le gobbe delle strade   e la felicità non capisce niente delle dee incollate/alla sottana boscosa (13) e così via. Modi popolari che introducono l’ennesimo sconcerto semantico – solo apparentemente una eco surrealista, in realtà macerazioni in parola di vissuti esistenziali assai duri e problematici, una vera e propria manifestazione della difficoltà a dire, quasi disperazione.
Ciò non toglie che a volte la musica prevalga:  e della simbiosi poetia/musica Rita Pacilio è convinta, continua assertrice (i suoi reading sono in poesia e accompagnamenti studiati in brani jazz; ha pubblicato un libro dal titolo Il suono per obbedienza, (Marco Saya Edizioni, 2015) in cui sono presenti brani poetici composti in riferimento esplicito a brani musicali) – così il senso panico nel corrispondi all’aria estiva/ai campi arati/ … fino all’ultimo vallo/ dove lunazioni e preghiere/fanno fatica a stare. (18)
Il sopravvissuto, colui che esperisce, rimedita in versi e nelle cinque lettere, in chiarezza crescente, quasi un viaggio verso i confini della notte, e fino all’evidenza, il grande tema-binomio dell’amore e della morte.





Poesia - Vallo della Lucania 16 novembre 2016 - Rita Pacilio e la poesia

Il 16 novembre 2016 h 9,30-12
Giornata della poesia 1/2016
del Liceo "Parmenide" di Vallo della Lucania
(Auditorium del Vescovo)
Benvenuto del Dirigente Scolastico Prof. Francesco Massanova
Presentazione a cura di Carlo Di Legge
Reading da parte delle autrici invitate
Antonietta Gnerre
Rita Pacilio
Organizzazione curata dalle Prof. sse Santa Aiello ed Eugenia Rizzo



Poesia - 'Premio Di Poesia Umbertide XXV Aprile'


Poesia - Merate 12 novembre 2016 presentazione dell'antologia poetica 'Una luce sorveglia l'infinito' (tutto è Misericordia) a cura di Antonietta Gnerre e Rita Pacilio


Recensione - Sebastiano Aglieco sul blog 'Compitu re vivi' per 'Il suono per obbedienza' di Rita Pacilio - Marco Saya Edizioni, 2015


lettere a Nessuno

Rita Pacilio: i singhiozzi della voce

Rita Pacilio, Il suono per obbedienza, Marco Saya 2015
La premessa necessaria per queste poesie è quella che descrive Lino Angiuli nella nota introduttiva: “si tratta di far coincidere canto e parola (…) usare il diaframma come il mantice di un organo e disporsi in atteggiamento ieratico per inspirare la vita e farne corposa vibrazione “.
Ne consegue che la forma è quella robustissima dei 16 versi divisi in 4 quartine. Non concordo con Angiuli quando afferma che “tra inspirare e inspirarsi il passo è breve”. Si tratta, piuttosto, a mio avviso, dell’adozione di una gabbia formale maneggiata con grande bravura entro cui costringere duramente il fiato. Si tratta di far passare questi versi entro la doppia maglia del senso e del suono e vedere come quest’ultimo sia in grado di mantenere viva la freschezza delle immagini, piuttosto che sottoporle alla gabbia toracica della musica.
LA VOCE E’ UNA PIETRA NERA
Billie dormiva anche di giorno
l’alcool lascia segni sulle gote
nel baffo tirato senza grazia
– la riluttanza della fede fallace –
si sdraiava col il corpo senza-corpo
nella stanza infantile dell’allodola
a otto anni sul pavimento del nigth
ingoiava i suoni e le interferenze
si trattenevano i singhiozzi nella voce
alta e nera di seppia. L’eleganza possibile
pettinava le particelle scure della storia
per abbassarle nella parola intima
basta questo per possedere la vita
ripetuta nella continuazione del chorus
laborioso, improvvisato, meditato piano
quando il sole dilata il centro e il suo chiodo.
p.19
Il risultato è ottenuto mantenendo vivo il rapporto tra il verso e il suo correlativo: il testo è sempre in rapporto con la “storia” da narrare, racconto della qualità sonora del musicista, di una minima sua biografia; e infine, della percezione di un dolore variamente pesato nelle invenzioni ritmiche e armoniche.
È proprio in queste suggestioni di biografie accomunate da “un male” comune che Rita Pacilio è capace di stimolare la sua musa, di pronunciare, nei passaggi migliori, parole di pietà e di denuncia, di arresa malinconia e di forza.
Sebastiano Aglieco




Poesia - 25 ottobre 2016 Università di Cagliari Rita Pacilio e Davide Rondoni in lettura

Poesia - 25 ottobre 2016 Università di Cagliari (Lettere e Lingue) corso di Letteratura italiana moderna e contemporanea tenuto dalla professoressa Giovanna Caltagirone
Rita Pacilio e Davide Rondoni in lettura
(dalle ore 16.00 alle ore 18.00)


Recensione - Adua Biagioli per 'Prima di andare' di Rita Pacilio - La Vita Felice, 2016


Prima di andare
Poesie di
 Rita Pacilio

Mi piace percorrere il ritmo serrato del ritroso nel tempo del vissuto, che si universalizza in un discorso umano non trascurato, rivelato e contemporaneamente rivelatore di radici che trovano il giusto aggrappo nell’infinitesima parte del sentire oltre, il nobile femminile.
I versi di Rita Pacilio sono versi ‘specchio’e ‘specchi’, riconducono a pluralità di verbi significanti e accenti, in un passaggio alternato tra passato “dicevi-sei stato-mi ripetevi” e immediata apertura al presente “tu conosci -tu sei – sei tu”. Quel ‘Tu”esistito che sotterraneamente esiste ancora, fa di uno solo, il “Noi”(“noi segnati sulle mani così che il palmo diventa labbro che fermenta maree”). Quel Tu, diventa soggetto basico di tematiche aperte alla riflessione.
Con sublime concretezza, la poetessa crea il tramite di segmenti e pluralità interiori, e lo fa attraverso la nudità di versi vivificanti che reclamano la sostanza acquosa più in grado di rendere cristallina l’idea della vita, che tenta ancora di salvarsi, ritrovandosi sottilmente e con premura, in un lavoro lento di candela, il mare del pensiero aperto nella Prima Lettera, al quale la protagonista rivolge una richiesta diretta all’interno della sua stessa anima, slacciata dall’essere ‘anemos’, soffio o vento, per divenire invece principio offerto alla coscienza, tanto è vero che la bellissima chiusa dell’ultima poesia della sezione è sottile invito a interrogarsi intelligentemente senza cedere allo spreco quotidiano della “recita di un compito”.
L’infinitesimalità e il tutto: “eri il braccio d’edera..una collina intera”, sono le vertebre di passaggio impresse nella prima sezione “Ti scrivo dal mio niente”, dov’è avvertito il divenire della felicità umana espressa in mille forme e direzioni, che dunque ci coglie mossi e smossi, a fronte del contrappunto della memoria, la sola a rendere possibile quell’allungamento teso e a farci scuotere di dosso, ciascuno, “le nostre piccole grandi condanne”, proprio perché “capiterà a tutti di essere una boa in mezzo al mare”.
Il passaggio alla Seconda Lettera è inevitabilmente relazionato al ricordo nel tentativo riuscito di tenere accesa la passionalità permeante l’amore, in una seconda rinascita , in un giro aperto alla tematica del ritorno e all’accenno al ‘fuoco’ del riverbero smisurato della luna che ripete le cose vive del mondo. Le memorie assumono la caratteristica dell’indelebile infinitezza, della “scintilla lunga chilometri lasciata dalla Cometa”, perpetuata nella seconda sezione “Guardare il vento, sapere il vento” lasciando spazio “alla coda dell’ultimo perdono” a seguito degli abbandoni subiti, nello sforzo di riconoscere ciò che è stato nei momenti “di assenza di saggezza” prima di diluirsi nella fragilità umana.
I versi acquistano la forza della meditazione, elevati e puliti allo stesso modo della prosa nelle lettere, prosa poetica per la ricchezza delle immagini che continua nella Terza Lettera e nella sezione del “Riaffiorare”. Non sempre la vita permette di soffermarsi sugli attimi vissuti, così saranno “le scivolate nel vuoto” che vorremo rincorrere a distanza, questo ci esprime la protagonista del percorso umano a ricordare che la memoria è “amare le cose che sono state amate da chi noi abbiamo amato”. La tematica della morte sorvola lucida, amara, consapevole, fa del tempo una parabola d’eterno, di attese e forse, della presa di visione che il perfetto non esiste e i precipizi possono essere inattesi. Il riaffiorare, riecheggia l’autunno, le stagioni della decadenza, “dello sciame irresistibile esiliato nel cuore” ma anche il riuscire ad avvertire il cambiamento dentro di noi, fatto di stagioni diverse, in cui la parola diventa l’abitazione possibile e unica che ci può abitare. Restano le parole e “le piccole promesse”.
“Si fa così l’amore fiutando le raffiche delle vertigini”, così chiude la Quarta Lettera che apre la sezione “Nel posto dove volano gli uccelli”: ci si chiede quale sia, sconosciuto, inattaccabile, fatto di smarrimenti e direzioni, tanto in alto quanto il resto di ciò che rimane dell’essere stati, forse proprio a metà strada, “tra la fronte e le chiavi della notte”, il luogo in cui non esiste dimenticanza, che ci scopre indifesi, regno della preghiera, del silenzio e del caos, dove la speranza ha il suo rituale, il luogo dell’affidarci alle mani e agli occhi di chi possa custodirci, dove la paura non ha piu’ ragione di esistere.
Alla Quinta Lettera si giunge solo dopo essere passati per il posto dove volano gli uccelli, perché è solo alla fine che ci sarà nutrizione dell’oro che ci ha imbevuto di vita per chiamarci liberi e per dirci“umanità”, tumultuosa somma di perdono e tenerezza.
Grazie per aver nutrito il mio cuore e la mia lettura.

Adua Biagioli Spadi




http://poesia.lavitafelice.it/news-recensioni--5240.html

http://www.aduabiagioli.it/articoli/prima-di-andare-poesie-rita-pacilio/

http://www.aduabiagioli.it/articoli/scrittura/


Poesia - Lino Angiuli per la poesia di Rita Pacilio

... 'sappi comunque che tu fai poesia civile scomodando le viscere e l'utero: è un complimento, perché generalmente la poesia civile si fa con la testa e la bile' ...
Lino Angiuli per la poesia di Rita Pacilio
Grazie mille, sei grande Lino.

Poesia - Rita Pacilio, Direttrice di 'Opera Prima', sezione della collana Agape - La Vita Felice

La collana AGAPE si arricchisce e si specializza con una nuova sezione: OPERA PRIMA a cura di Rita Pacilio che affiancherà gli autori, senza limiti anagrafici, nel loro primo affaccio sulla contemporaneità poetica mediante pubblicazione.



Recensione - Marta Lentini su 'incroci' per 'Prima di andare' di Rita Pacilio - La Vita Felice, 2016


Marta Lentini su «incroci» per Rita Pacilio con «Prima di andare»

È un dolce groviglio di sensazioni ciò che suscita la lettura di Prima di Andare, un libro, edito da La vita felice, di Rita Pacilio (poetessa, scrittrice, sociologa beneventana), che intreccia i temi della solitudine, della perdita e del ricordo intorno al nodo centrale dell’assenza.
Il libro alterna poesie a lettere. La “Prima Lettera” è l’espressione di un tentativo di trovare un colloquio mentale con l’amore vissuto durante la giovinezza, attraverso un dialogo in cui un mare, custode dei ricordi, avviluppa e restituisce immagini e scenari tanto sbiaditi, quanto potenti nel risvegliare il dolore. ‹‹Sono io la storia. Sembri lo scialle di mia madre sul collo freddo e bianco, come la barca arrivata sulla riva,sul litorale più vicino agli sciacalli, adesso sei sul mio collo, tra il cervello e le spalle, sei pensiero››.
“Ti scrivo dal mio niente” è invece una raccolta di poesie che raccontano i gesti di una quotidianità permeata da una tristezza invincibile, ma che non cede a se stessa senza prima un sussulto di ritrovata forza interiore. Il tempo si fa alleato di un lavoro di resistenza al dileguarsi della memoria, sembra si dilati per cristallizzare ricordi che, in uno stupore sempre nuovo, permettono di ritrovare il bandolo della matassa, una sorta di rituale perso, di ritorno ad un sentimento ineliminabile. C’è il proposito d’imporsi la lucidità nel verso  ‹‹sarò vigile ogni sera quando le peonie sfioriranno››, (pag.14), ma poi c’è la fatica di accettarsi diversa, inevitabilmente plasmata dagli anni, ‹‹un miscuglio di quesiti spalancati›› (pag.15). In queste poesie persino l’universo sembra partecipe, chiamato ad esser complice di un tentativo di riscattare l’opacità delle cose attraverso un’abitudine al ricordo che ridia vita a forme e oggetti: ‹‹Silenziosamente travaglia / l’universo intero, la speranza rampicante nell’edera s’infiora/ ripete/ miracoli che restano a lungo/ e resistiamo / mentre una tortora solitaria si becca il dorso›› (pag.18).
La “Seconda Lettera” esordisce con un germogliare di sensi, colori e immagini che fanno emergere tutto il buio dell’assenza, come se questa avesse conservato il suo potere accecante in un attimo reso immobile dal tempo. In queste pagine è proprio la memoria degli eventi più dolorosi a esser alimentata e cercata senza scappatoie, senza un rito consolatorio: ‹‹Questa memoria mi ha inseguita, senza pietà›› (pag.23). Il lutto viene raccontato come se fosse un lembo di tessuto strappato all’improvviso da un crudele scherzo dell’esistenza, e il presente, ricostruito con vivace e immutabile fedeltà, cede i suoi lineamenti a un senso di mancanza perenne: ‹‹Ti ricordo assoluto, intero, ti ho ibernato›› (pag.24). Si mischiano i pensieri senili e i sogni, sogni lucidi e ricavati da visioni dell’universo, nella luce effimera di una cometa, Ison, dissolta a causa della vicinanza col sole. Poi, una confessione delicata, eppur bruciante nella sua immediatezza: è la “Terza lettera” che ha come proscenio un freddo mattino di ricordi, intatti nella loro bellezza, custoditi dal dolore vivo per essere trasmessi ancora nella loro integrità: ‹‹la memoria è questa, amare le cose che sono state amate da chi noi abbiamo amato›› (pag. 41). La “Quarta Lettera” è un accorato slancio verso la speranza, è un viaggio sentimentale che ricalca tracce di un passaggio oscuro: dalla ferocia della perdita alla lenta accettazione dell’assenza. La memoria assurge a ultimo mezzo di sopravvivenza, uno strumento per riannodare, anche visivamente, tasselli di un’appartenenza viva, seppur obnubilata dalla nostalgia. La successiva silloge “Dove volano gli uccelli›” regala versi luminosi, contrassegnati da una dolcezza materna, come per esempio la poesia “Con Maria in braccio”: ‹‹qua e là passava fragile il mio peso ardito, sfuggivo per sbaglio alla calma del cuore›› (pag.64). È una poesia dettata dal potere magico di far riflettere il lettore sui sentimenti più comuni, che vengono narrati con poche immagini: l’incanto dell’innamoramento, il presagio, l’invecchiare, il ricordo ostinato.
La “Quinta Lettera” è un dolore raccontato senza orpelli, da ogni angolazione, e sublimato da parole che in un lampo sanno dire tutta l’umanità dell’individuo di fronte alla morte, tutta l’ingiustizia e quel senso di stordimento che invade l’animo nel trovarsi ad affrontarla. C’è il rapporto con la giovinezza, dunque il senso di eternità di chi non s’immagina abbrutito dal tempo, e c’è la coscienza della fugacità, della fine delle attese: ‹‹adesso sono un caso, una casualità, una malattia, una circostanza›› (pag. 72). Quest’ultima lettera si conclude con una riflessione finale che il marito le dona quasi come un testamento spirituale, per preparare una sorta di guarigione dell’animo, e si rivela come invito ad amarsi e amare la vita difendendosi dalla mediocrità: ‹‹allora tu, quando io morirò, devi fermarti e smettere di ascoltare coloro che opprimono curiosità e coraggio…›› (pag.73). Tutta la tristezza e la ricerca delle immagini sbiadite, tutta la solitudine e il vuoto si ricompongono in questo abbraccio ideale, un dono, un’esortazione e una promessa che sono stati dati, dunque, “prima di andare”.




https://incrocionline.wordpress.com/2016/10/16/rita-pacilio-prima-di-andare/#more-3511

http://poesia.lavitafelice.it/news-recensioni--5233.html


Recensione - Carlo Di Legge legge 'Prima di andare' di Rita Pacilio - LVF, 2016

Nocera Inferiore, 4 ottobre 2016

                                                                   “Capiterà a tutti di essere una boa
                                                                     in mezzo al mare, una boa
                                                                     dalla forma di pesce supino
                                                                     dalla voce umana con braccia di violino”. (19)

                                                                   “I viaggi che non sai dove vanno
                                                                    conservano saluti silenziosi” . (66)
Carissima Rita, ho letto il tuo Prima di andare.  Ti dico, prima con atteggiamento da lettore, e magari dopo con qualche strumentino filosofico involontario, o quasi.
Certo che qui si leggano l’opera della memoria a breve e a lungo termine, come sta sul risvolto di copertina, e l’autopercezione o la menzione di chi rivolge alle cose della vita sua uno sguardo da anziano (73: “quando si è anziano come me …”). Ma lo sguardo da anziani è in realtà lo sguardo da sopravvissuti, a se stessi come a una parte della propria vita che, senza che ce l’aspettassimo, è andata. Sempre così.
Dunque “chi”, chi narra, chi guarda?  Non è la tanto follia de-mente o malattia o s-memoria, quanto l’occhio di chi è vissuto oltre una parte di sé e non è riuscito a strapparsela, benché quella parte le sia stata strappata. Lo dici così chiaro che non è nemmeno opinabile (41; 71 … ).
Non è tanto che si dimentica, è che non si vuol dimenticare:  “devo chiederti perdono perché ti sto dimenticando troppo in fretta”.(71)
Dunque la prosa e i versi risultano a tratti oscurare l’intendere di chi legge, con i consueti e già rilevati effetti di spiazzamento:  “una parte/ di scontentezza ha fatto comunella/ con le gobbe delle strade …”  e “la felicità non capisce niente delle dee incollate/alla sottana boscosa” (13) e così via. Modi popolari che introducono l’ennesimo sconcerto semantico – solo apparentemente una eco surrealista, in realtà macerazioni in parola di vissuti esistenziali assai duri e problematici, una vera e propria manifestazione della difficoltà a dire, quasi disperazione.
Ciò non toglie che a volte la musica prevalga:  così il senso panico nel “corrispondi all’aria estiva/ai campi arati/ … fino all’ultimo vallo/ dove lunazioni e preghiere/fanno fatica a stare”.(18)
Il sopravvissuto, colui che esperisce, rimedita in versi e nelle cinque lettere, in chiarezza crescente, quasi un viaggio verso i confini della notte, e fino all’evidenza, il grande tema-binomio dell’amore e della morte, perché, a quanto sembra, vissuto in prima persona.
Se così fosse, perché dubitare della relazione tra parole e cose, tra libro e autobiografia? L’autobiografia non servirà mai a “spiegare” il libro, d’accordo, ma ogni scrittura come ogni azione che compiamo risulta sempre, in qualche modo, autobiografica! Oppure, se no, è pur sempre biografia. Di qualcuno, dunque.
E così, il libro risulta un variegata testimonianza  della diade amore-morte, connessa in vari modi e riferita a un’esperienza.
Il titolo prima di andare   rimanda al sentirsi in procinto di morire,   è immagine dell’esistenza stessa in quanto prima di andare c’è l’amore, non altro che quello, ma in qualche modo – qui nel modo più tragico – esso si unisce all’impossibilità, all’immagine dell’incompiutezza.
Chi parla? Una che non ha potuto evitare di “essere un’altra”.(13) Quella se stessa che s’identificava con un altro, nell’ esperienza d’amore, è stata forzata, dal precipitarsi della sorte, a non essere più quella.
Di che parla? Di morte, dicevo: di lasciare – “questo siamo quando lasciamo”,(19) “non lo fai apposta ad andare via/fanno così le persone anziane …”. (21) Fanno così, e non è questo il caso, si capisce; ma in qualche modo è come se fosse, perché “i pensieri senili hanno la forma dell’addio”. (29) Rievocazioni del distacco (Terza lettera, 39-42: “con te sono morta anch’io”, 41, e “per colpa di un’imboscata ho perso il senno”; (42) o anche “Quando arriverà quell’ora se ne andranno”. (61)
Da morti non si è tali, se i superstiti ricordano. (67)
Di che parla? D’amore, come fa la Seconda lettera (23-5) e ricordi di ri-nascita (34) e rivolgersi all’amato come fosse presente, nel “vedi come mi ha riempita l’abbandono?”.(35) Perché “Chi è stato innamorato/sigilla/grandi tempeste e silenzi sapienti”. (48)
Dove si uniscono i temi? Ovunque, ma p. e, nella chiarissima Quarta lettera ,(55-7) sigillo alla quarta sezione del riaffiorare. Nell’altrettanto chiara Quinta lettera-testamento. (71-3)
Le quattro sezioni scandiscono il percorso: Prima di andare - Guardare il vento, sapere il ventoRiaffiorare - Nel posto dove volano gli uccelli.
Il posto dove volano gli uccelli, e dove anche i morti si trovano, è l’aria.

                                                                                          Con affetto.  Carlo Di Legge



Poesia - 'A un tiro di fune ... un nodo' di Rita Pacilio


*
Introduzione

A un tiro di fune …


Questo istante indimostrato è un punto
smosso dai nostri piedi soldati
ordinati come soprammobili biancogrigio
e tempesta.
Non giubila la furia di ghiaccio nel frullatore
né il timbro compiuto dell’acqua nel bicchiere.
Al valzer di guerra sulle statuine
fa da sottofondo la polvere.
Lingue rinserrate tra i quadretti del foglio
obbediscono ai ghirigori
per questo motivo giuriamo di traboccare
nello sforzo mantenendo la solita postura
il collo inclinato
i sospiri dietro il naso che tira su
gli occhi voltati.


*
Intermezzo


… da un capo all’altro


da un balcone all’altro si distende
una certa atmosfera
tutte le pene ostinate al miracolo
scivolano nel destino inselvatichito
ci sono uccelli di paglia sotto i rami
decorati dell’abete
spalancano la gola per esercitarsi
a ricordare la fine dell’autunno.
È un filo o una fune che fluisce
da un capo all’altro della loggia
dove stendevi lenzuola bianche
e le spiegazioni esatte dell’insonnia.


*
Conclusione

… un nodo


lo fai ogni volta che mi vuoi archiviare
ti inchiodi al divano come un fulmine
spalanchi le ossa per raccogliere il tuono
irrompi nell’aria sparpagliata
interrompendo il nostro discorso.
Lo fai apposta, qualche volta, a fare i conti
con il tempo impaziente e senza porta
ma nella nebbia rancorosa e scura
non so fare capriole, non so saltare.





Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare. Curatrice di lavori antologici, editing, lettura/valutazione testi poetici e brevi saggi, è autrice di alcuni saggi tra cui La fede come metafora comunicativa: è possibile la fede sociale? (Fara, 2013). Per l’Università degli Studi del Sannio ha collaborato al saggio Famiglia e società. Organizza e promuove eventi culturali. Ha pubblicato prefazioni, approfondimenti, articoli, recensioni e note di lettura su riviste, blog di settore. Presidente e giurata di premi letterari e di associazioni culturali ha coordinato laboratori e progetti di poesia nelle scuole. Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice 2012), Quel grido raggrumato (La Vita Felice 2014), Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni 2015). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria 2011). La principessa con i baffi (Scuderi Edizioni 2015) è la sua fiaba per bambini.

Poesia - 'Gli imperfetti sono gente bizzarra' LVF, 2012 di Rita Pacilio esce tradotto in Francia da Giovanni Dotoli e Francoise Lenoir



Les imparfaits sont des gens bizarres
Préface de Davide Rondoni
Traduction en français
par Giovanni Dotoli et Françoise Lenoir

En couverture :
Photographie de Stefano Bonazzi


Préface de Davide Rondoni

Écrire de la poésie, connaître. La dure poésie-soeur
Rares sont les ouvrages de poésie qui ces derniers temps ont su me toucher autant que ce recueil de Rita Pacilio. Un journal douloureux et fulgurant, très personnel, où la force des vers glisse, tisse et déchire le murmure, où ils restent cependant ramassés, prononcés par une voix provenant du lieu inexpugnable qu’est l’espace propre à la condition de soeur. « La prison de mon frère / a des fenêtres sourdes » …
Cet ouvrage est visionnaire et intime, mais par le biais d’une qualité de composition particulière et d’une grande concentration, il esquive tous les risqué rarement inévitables dans un tel corps à corps avec l’abîme … ici la voix de Rita Pacilio provient d’un lieu intime et sans défense. La poésie-soeur n’observe pas, c’est une destination commune, un lieu chairs sang communs et indivisibles. Un amour qui est connaissance. Celui qui observe est dans un autre lieu que celui du gouffre, de la peine, la soeur, elle, n’est jamais ailleurs. La soeur est la seule à savoir…
Tout ce voyage en enfer, cette traversée éprouvante, où les vers sont d’une beauté épuisée et majestueuse, comme certaines oeuvres de Bacon, ou même, en Italie, comme certains autoportraits de Crespi, ont un coeur en diamant, très chaste et resplendissant: « J’ai parlé à ton corps fraternel »…
Dans ce livre, Rita Pacilio fait preuve d’une qualité de mesure et de puissance emblématique qui la rapproche de certaines voix appartenant à ce qu’il y a de meilleur dans la poésie italienne …
Et si quelqu’un décidera de chercher un nouveau rapprochement avec un autre type de production, par impénétrabilité lumineuse, par force respectueuse et par docilité, il lui faudra alors ouvrir les lettres que Paul Claudel adressait à sa soeur Camille. Dans ce cas-là aussi brûlait, inintelligible, une fraternité éprouvée, dévastée mais cependant inébranlable. C’est la force des mots, leur poésie surprenante, encore, encore et encore. Parce que le mot qui explore l’abîme est le premier signe d’une lumière possible.
« Dans le doute ils serrent les paupières pour
retrouver la nuit, pour ne pas la perdre ».
(Davide Rondoni)


Mille fois les chants des magnolias
reviennent au crépuscule
à mon souffle.
Ils ne craignent point la trame des vents
ni les lignes ondulées du sein des nuages.
Ils s’attardent seulement lorsque l’écho désespéré
les poursuit.
(dédié à Alfonso)

Le lac de Nemi se ride
en un geste de douloureux silence
à le regarder mordre les nuages
le souffle arriverait au sommet.

Les visiteurs montent
sur une route dégagée apparaissent
au milieu des plantes
des filles noires à moitié nues

qui promènent leurs peurs
et leurs cuisses transies. Elles fixent
la lueur inquiète du soir
comme si elles la touchaient.

Je demande pardon au monde / et à toi / pour mon errance lasse / pour mon cri muet / pour la course qui m’essouffle et me parle /. Le destin est un cercle sans fin.

Notice biographique de l’auteure

Rita Pacilio (Bénévent - Italie - 1963) est poète, écrivaine, collaboratrice dans le domaine de l’édition, sociologue, médiatrice familiale. Elle a rédigé des ouvrages anthologiques, editing, lecture/analyse de textes poétiques et d’essais ; elle a écrit plusieurs essais, parmi lesquels, La fede come metafora comunicativa : è possibile la fede sociale ? (Fara, 2013). Pour l’Université du Sannio, elle a collaboré à l’essai Famiglia e società. Elle organise et promeut des événements culturels. Elle a publié des préfaces, approfondissements, articles, critiques et notes de lecture sur plusieurs revues et blogs spécialisés. Présidente et jurée de prix littéraires et d’associations culturelles, elle a coordonné des ateliers et des projets liés à la poésie dans les écoles. Ses recueils de poésies les plus récents sont : Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice, 2012), Quel grido raggrumato (La Vita Felice, 2014), Il suono per obbedienza - Poésies sur le jazz (Marco Saya Edizioni, 2015)
Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Son oeuvre narrative : Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria 2011). Sa fable La principessa con i baffi (Scuderi Edizioni, 2015) est un conte pour enfants.

Publications

Luna, stelle…e altri pezzi di cielo, préface de Felice Casucci, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. Tu che mi nutri di Amore Immenso. Silloge sacra, Patti - Messina, Nicola Calabria Editore, 2005. Nessuno sa che l’urlo arriva al mare, Patti - Messina, Nicola Calabria Editore, 2005. Ciliegio Forestiero, LietoColle, 2006. Tra sbarre di tulipani, LietoColle, collection Aretusa, 2008. Alle lumache di aprile, préface d’A. Rigamonti et
postface de G. Linguaglossa, LietoColle, collection Aretusa, 2010. Di ala in ala, Dialogo poetico Pacilio - Moica, préface de Dante Maffia, LietoColle, collection Aretusa, 2011. Non camminare scalzo, Edilet Edilazio Letteraria, 2011. Gli imperfetti sono gente bizzarra, La Vita Felice, 2012. Quel grido raggrumato, La Vita Felice, 2014. Il suono per obbedienza, Marco Saya Edizioni, 2015. La principessa con i baffi, Scuderi Editrice, 2015 (contes pour enfants). Prima di andare, LVF, 2016. En août 2016, Rita Pacilio a présenté au grand public son projet “Parole e musica” - Jazz in versi: contaminazioni.
Discographie
‘Infedele’ Splasc(h)Records