Recensione - Giuseppe Vetromile su 'Gli imperfetti sono gente bizzarra' di Rita Pacilio - LVF 2012



"Gli imperfetti" di Rita Pacilio


Chi sono gli "imperfetti"? Persone cui manca qualcosa, a livello fisico o psicologico, o anche dal punto di vista sociale, dell'adattamento? O per imperfetti si vuol intendere qualcosa di non completo nella natura, qualcosa che incute timore, per la sua rozzezza o per la sua brutalità? Ci sono tante cose imperfette che si agitano dinanzi ai nostri occhi e che ci impressionano, come può esserlo ad esempio una tempesta improvvisa, una folata di vento impetuoso, una mareggiata, od anche magari una vecchia casa sbrecciata, o ancora una foresta cupa, tenebrosa, o un lago dalle acque ferme e gelide... ma queste cose, in fondo, non sono "imperfette" nel vero senso della parola, direi piuttosto che sono aspetti e situazioni estreme in cui possiamo imbatterci tutti i giorni. La natura, si sa, a volte fa scherzi strani, e noi, impreparati, sonnacchiosi, disattenti perchè impegnati per lo più a coltivare il nostro orticello, noi dediti ad ingrassare ed ingrossare il nostro ego, al di sopra degli altri e soprattutto al di sopra del creato, trasformiamo in "imperfezione" una visione delle cose non consona con il nostro metro di "perfetta normalità": la calma è perfetta, la gioia è perfetta, la noia è perfetta, il nostro quotidiano trantran è perfetto.
Per Rita Pacilio, invece, gli "imperfetti" sono gente bizzarra. Come le sia venuto questo titolo, che è tutto un programma, alla nostra illustre autrice beneventana, è un miracolo di poesia che non facilmente riscontriamo in tanti altri, e pur bravi, poeti. Il titolo è sempre di fondamentale importanza, perchè, come sappiamo, deve dare subito l'idea del contenuto, deve in qualche modo incuriosire e sollecitare il lettore ad aprire il libro ed iniziare la lettura con un certo spirito indagatore. In poesia, poi, il titolo è ancora più significativo e intrigante, quando non si limita a riprendere, semplicemente, lo stesso della prima poesia della raccolta. E il particolare titolo ideato da Rita Pacilio, risponde senz'altro a questo intelligente criterio di indurre nel lettore il piacere e il desiderio di approfondire.
Ma ora possiamo richiederci: chi sono questi "imperfetti" di Rita Pacilio? "Gli imperfetti sono gente bizzarra / lasciati nell'arena, non so dire esattamente, / come un silenzio, un ghigno. / Ho pensato che Dio ama l'insicurezza / e le sfumature dei dirupi. / Io mi trovo qui dove non si torna indietro", così recita la stessa autrice, e penso che si debba partire da qui, da questi primi versi della raccolta, per cercare di comporre in qualche modo un mosaico poetico davvero denso e intenso, difficile da isolare pezzo per pezzo. La bravura dell'autrice sta infatti, tra le altre cose, ad essere riuscita ad elaborare un corpo poetico continuo (le varie poesie-tasselli sono senza titolo, proprio per dare continuità a tutto il discorso), pur offrendo al lettore la possibilità di gustare e meditare i singoli "pezzi". L'argomentazione non è diretta, ma sottintesa, anzi quasi sfumata, allusiva, simbolica: questo è un altro segno dell'ottima qualità poetica della nostra autrice, e cioè quella di non dire dicendo, o dire non dicendo: la poesia deve avere questa caratteristica di mistero, di rimando ad altro e oltre, altrimenti potrebbe cadere nell'andamento della prosa. Diceva infatti Ungaretti che la poesia è tale se contiene in sé un segreto.
Il libro, dunque, si sviluppa per quadri singoli, ma ha un suo sotterraneo filo logico che lega tutte le composizioni poetiche l'una all'altra, e in modo sequenziale, quasi come in un lungo racconto, ma qui la poesia assume la giusta connotazione sfumata, ambigua, polivalente, per cogliere e proporre contemporaneamente l'aspetto minimo, essenziale, e l'aspetto "macro", totalizzante e universalizzante. C'è un minimo di storia, in questo libro, che si snoda via via lungo tutto il percorso poetico, ed è la storia degli "imperfetti - bizzarri", la storia di uno, o di tanti, che è relegato in un luogo di sofferenza non ben definito, la storia di Alfonso, che diventa la storia di tutti quelli che "sono lì, nel posto più lontano della solitudine". La "bizzarria" delle situazioni, dei personaggi, dei luoghi, è nella descrizione poetica "altra" che la Pacilio utilizza per colorare e animare tutto quello che esula dai quadri di una vita normale e di una normale quotidianità: "Li ho visti avanzare a testa china / venire avanti a voli bassi di uccelli / in mano il sangue castano, le unghie / e / tra ginocchia l'acqua clandestina. / Li ho visti senza Dio, senza parole / con lacrime sciutte di rabbia luttuosa / singhiozzare l'amen di seni spogliati / al figlio trapassato. / Li ho visti assorti, smarriti, soli. / Portavano negli occhi i rovi del mondo / con decenza e con il pungolo nel cuore." E il libro è proprio dedicato ad Alfonso: come scrive anche Davide Rondoni nella sua ben dettagliata prefazione, fin dall'esergo, suona il nome dolce e quasi di suono stanco e struggente: Alfonso...
Si tratta dunque di un viaggio dolente, consapevolmente dolente, che la poetessa compie nel mondo, avvertendone da protagonista tutti i risvolti e gli aspetti fisici, naturali e psichici. Il punto di partenza è il lago di Nemi: "Si increspa il lago di Nemi, / in un gesto di doloroso silenzio / a vederlo mordere nuvole / l'affanno arriverebbe in cima ...", e non è un caso che gli ultimi versi del libro si riferiscano ancora al lago di Nemi: "Quando le sagome diventano fosse / alcuni autunni tornano prima / dal lago di Nemi intreccio le dita / con i piedi porto avanti le dighe...", come a voler chiudere simbolicamente un ciclo, circoscrivere una storia penosa donandole un senso compiuto.
E' tutta simboli la scrittura poetica di Rita Pacilio, in questo interessante libro, dove la parola acquista spessore e connotati che vanno oltre lo stretto, essenziale significato, grazie anche al buon uso di allegorie e metafore (il lago di Nemi ne è uno degli esempi più notevoli...), e ad una costruzione originale dei versi che contribuisce così all'ampliamento di tutto il respiro o anima poetica.
E' indubbio che quest'opera si colloca tra le più significative dell'attuale panorama letterario nazionale, sia per i contenuti e sia per la singolare architettura poetica utilizzata dall'autrice, il che è stato evidenziato anche dall'illustre prefatore Davide Rondoni.

Rita Pacilio, "Gli imperfetti sono gente bizzarra", Edizioni La Vita Felice, Milano, 2012. Prefazione di Davide Rondoni

G. Vetromile
7/12/12



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