Recensione - R. Pacilio su Facchinelli
‘Con-tatto’ di Antonella Facchinelli
commento di Rita Pacilio
Con-tatto, opera prima di Antonella Facchinelli, segue una trama in immagini poetiche spazio/tempo, che hanno lo scopo di comunicare al lettore quanto la poesia sia strumento utile per guardare oltre lo stato delle cose. Viene utilizzato il verso in modo colloquiale e trasparente tanto da rimandare alla poesia cilena, quasi come a voler far emergere la necessità di una scrittura molto comunicativa e più vicina alle inquietudini di chi è pubblico.
La Facchinelli tocca con mano la natura e il suo sistema circolare nascita-vita-morte con umiltà e pertinenza scandendo la sua esperienza di vita nella universalità dei grandi temi dell’esistenza. Si avverte il continuo compromesso di con-fondersi con il tocco abissale e misterioso della sfera naturale per cercare rifugio, per evadere dalla sconcertante e problematica epoca moderna in cui viviamo. La natura e il suo mondo non ci viene presentato come fenomeno astratto, né come una circostanza esteriore: le cose intorno vengono percepite come un crescere ‘da se stesso’. (Michael Donhauser).
La Facchinelli, infatti, non ci espone informazioni sul mondo circostante con l’occhio di chi osserva: il suo con-tatto non è simbolismo fotografico di un sapere botanico. L’oggetto ‘natura’, qui, assume funzione soggettiva al punto da comunicare al lettore una personificazione dell’anonimato delle cose e/o dei fenomeni naturali. Questo è il motivo per cui di fronte alla poesia naturalistica lo spazio e il tempo rappresentano un luogo poetico in cui si possono enunciare innumerevoli citazioni filosofiche (la filosofia orientale dello zen, formulazione degli haiku …)
Rita Pacilio
http://www.lietocolle.info/it/r_pacilio_su_facchinelli.html
Recensione - Pacilio su Lucia Pinto - "Amare, null'altro" LietoColle 2008
Rita Pacilio legge ‘Amare, null’altro’ di Lucia Pinto
‘Amare, null’altro’: una raccolta di poesie d’amore con un fascino ricco di contrasti e che nasconde una sottile inquietudine.
La Pinto ha scelto la strada prudente e raffinata per parlarci del gioco avvincente dell’amore raccogliendo ‘rigagnoli di parole’ per lasciarsi e lasciarci rapire dal ‘l’impeto dell’assalto’.
La continua ricerca dell’interiore non sacrifica l’ebbrezza dell’innamoramento
… ‘Dimmi che fai / con le mani nella scatola delle conchiglie…’
Il rapporto intenso con il dolore
… ‘Torno domani / col passo imperlato / al vecchio albero / con la favola intorno’
approda ad una forma di serenità che vuol significare curiosità incessante degli altri, assenza di turbamenti e di sentimenti dannosi.
… ‘Tanto poi qui / ci pensano le mani / a scorrere il velluto / tra le cuspidi / e sorridere / con la terra in bocca…’
Il valore sociale dell’AMORE ha prevalenza su tutto
… ‘il miracolo è il batter di ciglia…’
senza sprechi, senza che nulla sfugga ai momenti
… ‘Non ho tempo da perdere…’
La Pinto ci fa fare i conti con la precarietà del nostro equilibrio sempre sottoposto a mille pressioni e ci fa cedere alle emozioni profonde e non sublimate. Impariamo da lei a seguire, mano nella mano, una storia a due, con la freschezza di un cuore che, anche dopo una rottura, non è stanco di amare.
‘Del pianto in sogno nessuno t’ha mai detto…dal sole giammai stanco….sotto l’argilla brulla / di un mattino / che vuole gli occhi belli / come perle / e mani asciutte / per ammainar le vele’
Le stanze del nostro mondo emotivo sono attraversate da mani che danno la visione concreta che niente è staccato da sé. I pensieri si manifestano sotto forma di immagini con la consapevolezza che ogni lettore sa quello che prova e lo controlla fermando le esperienze che sta vivendo.
Il lettore respira, assapora un eros forte ma dissimulato. Si tratta di una testimonianza artisticamente vera, vissuta e sincera in cui convivono pacificamente il giorno e la notte come metafora dell’esistenza umana.
… ‘Mentre balbetto alla luna…e in certi giorni mi brucano le nubi….Innamorati del mattino….goccia di sole….concentrico si apre l’arcobaleno…l’imbrunire è superbo….nascosto / alla notte…
E’ come trovarci di fronte ad un lavoro grafico/pittorico in cui la mescolanza dei colori e dei toni è scelta con accuratezza e buon gusto.
Una leggerezza che si confronta, sullo sfondo, con un rapido tracciato spirituale come in una trama psicologica e concettuale ad un tempo. Non emerge una dimensione intimistica e sentimentale dell’Amore perché l’Autrice tende alla riflessione anche conflittuale e della messa in discussione di sé.
… ‘e colmo i pugni d’epidermiche locuzioni / e m’attanaglio in congiunzioni / calando un po’ da me…’
E si dona a noi con una densità di articolazioni visive che mettono in moto l’immaginazione di chi legge interpretando la realtà sulla scorta di ciò che è, piuttosto di ciò che appare.
Incontrare la Pinto e le sue parole è stato improvviso come certi incontri che arrivano nella nostra vita, inattesi e segnano momenti particolari del nostro divenire. A questo proposito Jung parla di sincronicità.
La sincronicità agisce come specchio dei processi intimi, creando forti paralleli tra eventi esteriori ed interiori.
Ecco perché, ce lo spiega Jung, in certi momenti della nostra vita incontriamo alcune anime e non altre.
Quel rendez-vous ce lo siamo preparati da tantissimo tempo.
Nello spazio di un incontro è racchiusa tutta la nostra storia.
E ‘Amare, null’altro’ adesso è anche storia mia.
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Recensione - Pacilio su "Il pensatoio" di Michelangelo Camelliti
Il pensatoio’: luogo di ideazione e progettazione di Michelangelo Camelliti
visita a Faloppio (Co)
Faloppio 8 maggio 2011: entro per la prima volta in LietoColle, sede legale.
Qui la poesia diventa luogo e materia, corpo e anima, dove la versificazione edita è un focus a più voci e dove si sperimentano stati linguistici della poesia italiana (e non) postmoderna, in espressioni aspre e/o ermetiche e/o chiare e/o aperte. Entra nel naso l’odore del libricino da collezione e la sua poeticità, nella capacità di comunicare, tipica dell’appartenenza alla Casa.
Dentro, facendo solo pochi passi, si accede all’anima, unica, di tutte le creature lì vive e presenti; risiede, infatti, intorno alla creazione poetica, in una dimensione ‘per’ la poesia, il padre Editore. Il ‘pensatoio’ di Michelangelo Camelliti è un luogo difficile da penetrare fino in fondo: l’immagine produce una eco di atti di fede come propulsioni di una anima che pulsa e filtra pezzi di altre anime/vita. Non passa sotto silenzio l’originalità e la varietà con cui l’esplicito punto di vista dell’insegnamento di concentrarsi su progettualità ripercorre studi dilaniati tra oggetto e soggetto, come se al primo appartenessero le soluzioni per risolvere i casi della storia e al secondo quelle per rintanarsi nel sogno illusorio.
Il rischio, però, che corre la poesia della fase postmoderna è continuare a fondere la sua fragile identità alla realtà editoriale, che mira morbosamente ad identificare vita e poesia. La modernità è inquieta e raccoglie vissuti emozionali che rispecchiano un sociale umanamente turbato e spesso deviato. Molti tradizionalisti non condividono il carattere poetico delle forme innovative di sperimentazione d’avanguardia adottate da Editori moderni che producono nuovi cataloghi letterari o nuove correnti letterarie creando tra Editore/Autore un nuovo senso interpretativo. Tuttavia, spesso l’Editoria, che lavora e produce poesia dei suoi Autori in modo serio, anche se in forma sperimentale e avanguardistica, riesce a separare il sé dalle ombre nefaste.
‘Il pensatoio’ di Michelangelo Camelliti, unisce il continuum progettuale che va dal 1985 ad oggi senza mai rinunciare all’inesorabile adeguamento collaborativo e all’innamoramento di aperture sui territori, che hanno reso il ‘movimentismo’ una conservazione della memoria in un senso di accrescimento di responsabilità e di impegno di diffusione della poesia.
Giungere a Faloppio è stato come essere arrivata sul fondo di un lago: lì l’illuminazione di tutte le cose, le pietre calcaree con il blu delle atmosfere imperturbabili che arriva al cuore degli uomini/autori in un modo miracoloso e senza confini. Sapere l’origine simbolica dello studio-monologo dell’Editore che annuncia gli accordi e i programmi editoriali, sapere quanto odore di pipa abbia avvolto e accolto la carta e la colla delle speciali parole di vita, di fiaccole, di ricordi che vengono da ogni dove ha acceso in me lo spettro della fiamma rivelatrice che dà spiegazione alle cose. Ho toccato con mano la passione per la cultura, le sue scelte, ma soprattutto, ho respirato la ‘creatività’ salutandola nel suo futuro e lungo pezzo di strada che ha ancora da fare qui.
Rita Pacilio
http://www.lietocolle.info/it/il_pensatoio_di_mic_r_pacilio.html
Recensione - Pacilio su F. Vitale - Muffatti
Muffatti (La Camera Verde Roma 2011)
di Francesca Vitale
commento di Rita Pacilio
Momenti lirici tesi a valorizzare gli elementi di un paesaggio intimistico/universale in un processo di trasfigurazione della realtà esterna: ‘Muffatti’ di Francesca Vitale sono emblematicità simboliche di un tempo sull’esperienza della creazione poetica contrassegnata da elaborazioni di visioni/immagini in cui l’Autore occulta, nel testo, le voci dei frammenti di organico e anorganico, che dal mare, restano sul bagno-asciuga in una forma futura di adesione poetica.
L’itinerario nel tempo è fatto di intuizioni e svelamenti di idee che vengono da tracce interpretative di corposi impasti di luce. ‘Muffatti’ rivela la superficie di uno spazio/dipinto con parole e immagini, di uno splendore cristallino, insabbiato dalla corposità del sale del mare: una pienezza che ascolta gli accenti e parla di segni fissati nelle storie raccontate. La pienezza dei suoni non cessa mai di venire meno e la Vitale procede lungo le storie del detto e del non detto, tanto che, le impronte della riflessione, nel profondo dei sensi, apre un cuore/spazio per realizzare gli ideali emozionali in cui fortemente crede.
L’opera nella sua interezza è una barricata di ‘tempo’ in cui i versi sono una protesta/dichiarazione di amore, ma anche un insegnamento di rabbia nostalgica che fa discutere sui sentimenti della vita nella sua totalità. Gli slanci lirici hanno una trama: fotogrammi raccontati ci portano in storie visive lungo cortometraggi in una variazione postmoderna inquieta e impaziente. L’Autore fonde la sua arte visiva a quella lirica continuando a guardare il mondo come un poeta in una forma estremamente elegante e irripetibile, con un processo di ricomposizione paradossale del silenzio, che solo la poesia stessa può spezzare.
Partecipazione - Nell'ambito delle manifestazioni per il 1° PREMIO “UN PARCO PER LA POESIA” - Prata Sannita Maggio 2011 - Rita Pacilio ospite il 21 e il 22 maggio.
COMUNE DI PRATA SANNITA - PARCO REGIONALE DEL MATESE
LIBRERIA INTERNAZIONALE TREVES di Napoli - ASSOCIAZIONE CULTURALE “MATESE E FANTASIA”
1° PREMIO “UN PARCO PER LA POESIA” - Prata Sannita Maggio 2011 -
Sabato 21/05 - Piazza San Pancrazio
Dalle ore 09.00 e per l’intera giornata § Opere d’arte in piazza
§ Stands di artigianato e prodotti del territorio in piazza
Ore 16.00 § Musica Etnica
Ore 17.00 § “Un Parco Per La Poesia” - lettura poesie aperte a tutti
Ore 19.00 § Musica Etnica
Ore 20.00 § Gli ospiti della poesia: Rita Pacilio
Ore 21.00 § Musica Etnica
Domenica 22/05 - Borgo Medioevale
Dalle ore 09.00 e per l’intera giornata § Opere d’arte nel borgo
§ Stands di artigianato e prodotti del territorio nel borgo
Ore 10.30 § Proiezione documentario “Napoli, la storia”
(sarà presente il regista Luciano De Fraia)
Ore 12.00 § Gli ospiti della poesia: Rita Pacilio
Ore 13.00 § Premiazione “Un Parco Per La Poesia”
Ore 13.30 § Intervento di artisti della Patafisica Partenopea
Direzione Artistica: Dott. De Martino (TREVES) tel. 339 2661096
Coordinamento: Dott. Ponzo tel. 339 1725929
Recensione - R. Pacilio su Marulli
Agave
di Cinzia Marulli Ramadori
Commento di Rita Pacilio
Ogni grande Poeta è in grado di aprire al lettore una stanza segreta in cui sono racchiuse le folgorazioni dell’esistente e il frenetico fondo enigmatico del suo sé, quasi sempre sfuggente e indicibile. L’orizzonte a cui si può attingere è un percorso narrativo polifunzionale che spesso ci fa correre un brivido lungo la schiena, perché è un cammino intimo e vulnerabile. Davanti a versi intrisi di emozioni personali e di immagini suggestive si subisce una ammaliante trasformazione e il lettore diventa autore: si entra nel personaggio, nell’estasi della parola, nell’intenzione del dire poetico, nel rito incantatorio o nel silenzio della voce multicolore accumulata lungo i disegni echeggiati dalla magia stilistica del verso post-moderno.
Le metafore diventano lo strumento per comunicare significati diversi: elaborare/trasformare conflitti interni e spigolosità quotidiane sorprendendo il mondo stesso e i suoi segreti in eloquenti collage di frammenti esperenziali di vita orizzontali, che da sinistra verso destra, scrivono uno schema sofferto, ma profondamente imbevuto d’amore, tanto quanto sa fare una figlia-madre o una madre-figlia o madre-natura a cui appartiene il mistero della vita intera.
Cinzia Marulli Ramadori nella sua riuscita opera prima Agave, ci dona un gomitolo di storie, una stanza in una casa, una casa in un giardino: un luogo in uno spazio ambiente-pianta che è uno spazio-tempo fatto di ambienti e distanze piccole-immense. Agave, la meravigliosa e fuggevole fioritura del tempo brevissimo di una pianta, è il semplice e naturalissimo fondale della vita di ogni giorno. Eppure la Marulli non ci trasmette ansia o preoccupazioni, i suoi versi non sanno di sconforto alcuno. Qui troviamo connotazioni accoglienti e rassicuranti, significati metaforici universali trasferibili a esperienze di vita calde in cui le movenze delle cose ci dimostrano che il Poeta dà voce, con guardo allegro e malinconico ad un tempo, alle ‘cose’ intorno, sublimando le pulsioni e i desideri in modo differente e inusuale agli altri esseri umani.
Il Poeta avverte la necessità di comunicare con le inquietudini fronteggiando e lottando contro barriere di pregiudizi e di regole: interagisce con un cosmo che racchiude molteplici mondi di sé, di bellezze, di vitalità e di realtà esterne che spesso sfuggono. Cinzia Marulli Ramadori utilizza tutti i sensi di cui dispone per relazionarsi con ogni ‘cosa’ che appartiene all’esterno all’altro da noi, per questo, attraverso le sue pulsioni, ha saputo invitare la nostra anima, (radice, fusto e fiore) ad incamminarsi verso un dolore cosmico per scoprire, nel breve, ma meraviglioso tratto dell’Agave, lo splendore del paesaggio della vita.
Recensione - R. Pacilio su Molinari
New Yorker’s Breaths
di Maurizio Alberto Molinari
commento di Rita Pacilio
New Yorker’s Breaths è la prima opera di Maurizio Alberto Molinari pubblicata in casa LietoColle ed è un progetto che si discosta dall’omogeneità che riscontriamo usualmente nel catalogo editoriale. L’originalità dello schema presentato, immagine-verso, genera un testo di ‘ricordanza’ artistica molteplice che produce in chi legge l’impressione che si sta realizzando un viaggio ‘originale’ in un luogo libero, senza schema metrico né smisuratamente trasgressivo.
Il lettore sperimenta le immagini del mondo nella sua stessa esistenza, quasi a verificarne la simbologia psicosociale scandita sul suo vissuto personale. Si avverte una grande energia comunicativa: le parole sembrano uscire dal verso per entrare nei segni rielaborati come per dare loro una coscienza vera o una vitalità e/o viceversa. Sembra che il tratto dell’Autore tracci linee in continua metamorfosi: delle immagini in bianco e nero nulla è inquietante, spento o buio!
Le manifestazioni delle ‘cose’ vengono esaltate anche nel loro silenzio: il Poeta le sublima ammirandone la sospensione tra il loro essere e la rivelazione. Il viaggio é all’esterno e all’interno di noi: è collettivo e individuale, è reale e immaginario, è un viaggio sull’oggetto nel soggetto; un percorso di segni che Molinari rappresenta nelle forme essenziali dei versi lasciando al lettore la scoperta del non-dicibile del tempo, trascendente ed immanente, che entra nella sostanza delle cose stesse.
L’interscambio con i lettori dei propri ricordi personali, vissuti attraverso una rete di passaggi poetici e fotografici, fanno di questo lavoro del Molinari, una sorta di autobiografia spirituale dalla forte valenza psicosociale che ripercorre atmosfere di città, condizioni di vita, intuizioni esistenziali, pagine di storia, dimensioni sociologiche, espansioni del senso allargato della vita.
I movimenti vorticosi tipici delle metropoli sono filtrati dal documentato respiro del Molinari, che lo utilizza come clima temporale e di identificazione per meglio entrare in comunione con il lettore e con l’incompiutezza della società moderna.
Recensione - Fotografia e Arte Grafico/fotografica - Reminiscenze di Lucia Pinto
Lucia Pinto: REMINISCENZE con commento di R. Pacilio
03 maggio 2011
REMINISCENZE
La favola dell’anima inquieta
Intuizione poetica e bisogno di stupore
per REMINISCENZE di Lucia Pinto
di Rita Pacilio
Se gioire e commuoversi sono forme capricciose di emozioni che spesso leggiamo nelle espressioni di opere romantiche e irrequiete ricche di ebbrezze e di malinconici accordi, adesso qui, in Reminiscenze di Lucia Pinto, opera di assoluta poeticità post-moderna, si posano gradevoli soluzioni di interpretazioni e di attese. La poesia che emerge è il bisogno intimo di una ansietà di comunicazione: l’attesa di testimoniare i segreti profondi della tristezza acquisita e dei conflitti del cuore in travaglio con i lamenti di uno sconsolato spazio/ambiente incapace di accogliere sensibilità ampie e domande mute.
La raffigurazione del viso di donna, in silenzio potente e stridulo, ad un tempo, mostrano i dolori di un corpo/anima, come un Cristo in croce, quasi a rappresentare la sconfinata passione di un Gesù di Mathias Grunewald soffrendo con lui le pene feroci del mondo intero. Eppure, nel silenzio, la concentrazione dei muscoli, le braccia protese e le mani chiare, tese nel desiderio di comprendere ogni cosa o nel bisogno di stupirsi, ci porta nella favola, nei posti umili: lì dove possiamo redimerci. La Pinto, artista, graffia con la tecnica fotografica e telematica il gioco della meditazione per continuare a meravigliarci: ed è poesia ancora. (È orale la tua essenza Venne senza la bocca)
Ombre, luci, sguardi, venti, suoni gutturali, colori, che fanno coro e parole, che emergono in una eterna espressione. Trionfa l’inquietudine dell’occhio verde, l’eternità dello sguardo calato sopra ogni cosa, l’inclinazione a reinterpretare le proprie emozioni, un sogno finito o infinito, guardare il proprio dramma e quello degli altri, ripiegarsi, riaprirsi.
L’Autrice ci mostra la profondità della nostra vertigine: le reliquie, ma anche i nuovi orizzonti. Senza limiti.
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