Recensione - Carlo Di Legge legge 'Prima di andare' di Rita Pacilio - LVF, 2016

Nocera Inferiore, 4 ottobre 2016

                                                                   “Capiterà a tutti di essere una boa
                                                                     in mezzo al mare, una boa
                                                                     dalla forma di pesce supino
                                                                     dalla voce umana con braccia di violino”. (19)

                                                                   “I viaggi che non sai dove vanno
                                                                    conservano saluti silenziosi” . (66)
Carissima Rita, ho letto il tuo Prima di andare.  Ti dico, prima con atteggiamento da lettore, e magari dopo con qualche strumentino filosofico involontario, o quasi.
Certo che qui si leggano l’opera della memoria a breve e a lungo termine, come sta sul risvolto di copertina, e l’autopercezione o la menzione di chi rivolge alle cose della vita sua uno sguardo da anziano (73: “quando si è anziano come me …”). Ma lo sguardo da anziani è in realtà lo sguardo da sopravvissuti, a se stessi come a una parte della propria vita che, senza che ce l’aspettassimo, è andata. Sempre così.
Dunque “chi”, chi narra, chi guarda?  Non è la tanto follia de-mente o malattia o s-memoria, quanto l’occhio di chi è vissuto oltre una parte di sé e non è riuscito a strapparsela, benché quella parte le sia stata strappata. Lo dici così chiaro che non è nemmeno opinabile (41; 71 … ).
Non è tanto che si dimentica, è che non si vuol dimenticare:  “devo chiederti perdono perché ti sto dimenticando troppo in fretta”.(71)
Dunque la prosa e i versi risultano a tratti oscurare l’intendere di chi legge, con i consueti e già rilevati effetti di spiazzamento:  “una parte/ di scontentezza ha fatto comunella/ con le gobbe delle strade …”  e “la felicità non capisce niente delle dee incollate/alla sottana boscosa” (13) e così via. Modi popolari che introducono l’ennesimo sconcerto semantico – solo apparentemente una eco surrealista, in realtà macerazioni in parola di vissuti esistenziali assai duri e problematici, una vera e propria manifestazione della difficoltà a dire, quasi disperazione.
Ciò non toglie che a volte la musica prevalga:  così il senso panico nel “corrispondi all’aria estiva/ai campi arati/ … fino all’ultimo vallo/ dove lunazioni e preghiere/fanno fatica a stare”.(18)
Il sopravvissuto, colui che esperisce, rimedita in versi e nelle cinque lettere, in chiarezza crescente, quasi un viaggio verso i confini della notte, e fino all’evidenza, il grande tema-binomio dell’amore e della morte, perché, a quanto sembra, vissuto in prima persona.
Se così fosse, perché dubitare della relazione tra parole e cose, tra libro e autobiografia? L’autobiografia non servirà mai a “spiegare” il libro, d’accordo, ma ogni scrittura come ogni azione che compiamo risulta sempre, in qualche modo, autobiografica! Oppure, se no, è pur sempre biografia. Di qualcuno, dunque.
E così, il libro risulta un variegata testimonianza  della diade amore-morte, connessa in vari modi e riferita a un’esperienza.
Il titolo prima di andare   rimanda al sentirsi in procinto di morire,   è immagine dell’esistenza stessa in quanto prima di andare c’è l’amore, non altro che quello, ma in qualche modo – qui nel modo più tragico – esso si unisce all’impossibilità, all’immagine dell’incompiutezza.
Chi parla? Una che non ha potuto evitare di “essere un’altra”.(13) Quella se stessa che s’identificava con un altro, nell’ esperienza d’amore, è stata forzata, dal precipitarsi della sorte, a non essere più quella.
Di che parla? Di morte, dicevo: di lasciare – “questo siamo quando lasciamo”,(19) “non lo fai apposta ad andare via/fanno così le persone anziane …”. (21) Fanno così, e non è questo il caso, si capisce; ma in qualche modo è come se fosse, perché “i pensieri senili hanno la forma dell’addio”. (29) Rievocazioni del distacco (Terza lettera, 39-42: “con te sono morta anch’io”, 41, e “per colpa di un’imboscata ho perso il senno”; (42) o anche “Quando arriverà quell’ora se ne andranno”. (61)
Da morti non si è tali, se i superstiti ricordano. (67)
Di che parla? D’amore, come fa la Seconda lettera (23-5) e ricordi di ri-nascita (34) e rivolgersi all’amato come fosse presente, nel “vedi come mi ha riempita l’abbandono?”.(35) Perché “Chi è stato innamorato/sigilla/grandi tempeste e silenzi sapienti”. (48)
Dove si uniscono i temi? Ovunque, ma p. e, nella chiarissima Quarta lettera ,(55-7) sigillo alla quarta sezione del riaffiorare. Nell’altrettanto chiara Quinta lettera-testamento. (71-3)
Le quattro sezioni scandiscono il percorso: Prima di andare - Guardare il vento, sapere il ventoRiaffiorare - Nel posto dove volano gli uccelli.
Il posto dove volano gli uccelli, e dove anche i morti si trovano, è l’aria.

                                                                                          Con affetto.  Carlo Di Legge



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