lettere a Nessuno
Rita Pacilio: i singhiozzi della voce
Rita Pacilio, Il suono per obbedienza, Marco Saya 2015
La premessa necessaria per queste poesie è quella che descrive Lino Angiuli nella nota introduttiva: “si tratta di far coincidere canto e parola (…) usare il diaframma come il mantice di un organo e disporsi in atteggiamento ieratico per inspirare la vita e farne corposa vibrazione “.
Ne consegue che la forma è quella robustissima dei 16 versi divisi in 4 quartine. Non concordo con Angiuli quando afferma che “tra inspirare e inspirarsi il passo è breve”. Si tratta, piuttosto, a mio avviso, dell’adozione di una gabbia formale maneggiata con grande bravura entro cui costringere duramente il fiato. Si tratta di far passare questi versi entro la doppia maglia del senso e del suono e vedere come quest’ultimo sia in grado di mantenere viva la freschezza delle immagini, piuttosto che sottoporle alla gabbia toracica della musica.
Ne consegue che la forma è quella robustissima dei 16 versi divisi in 4 quartine. Non concordo con Angiuli quando afferma che “tra inspirare e inspirarsi il passo è breve”. Si tratta, piuttosto, a mio avviso, dell’adozione di una gabbia formale maneggiata con grande bravura entro cui costringere duramente il fiato. Si tratta di far passare questi versi entro la doppia maglia del senso e del suono e vedere come quest’ultimo sia in grado di mantenere viva la freschezza delle immagini, piuttosto che sottoporle alla gabbia toracica della musica.
LA VOCE E’ UNA PIETRA NERA
Billie dormiva anche di giorno
l’alcool lascia segni sulle gote
nel baffo tirato senza grazia
– la riluttanza della fede fallace –
l’alcool lascia segni sulle gote
nel baffo tirato senza grazia
– la riluttanza della fede fallace –
si sdraiava col il corpo senza-corpo
nella stanza infantile dell’allodola
a otto anni sul pavimento del nigth
ingoiava i suoni e le interferenze
nella stanza infantile dell’allodola
a otto anni sul pavimento del nigth
ingoiava i suoni e le interferenze
si trattenevano i singhiozzi nella voce
alta e nera di seppia. L’eleganza possibile
pettinava le particelle scure della storia
per abbassarle nella parola intima
alta e nera di seppia. L’eleganza possibile
pettinava le particelle scure della storia
per abbassarle nella parola intima
basta questo per possedere la vita
ripetuta nella continuazione del chorus
laborioso, improvvisato, meditato piano
quando il sole dilata il centro e il suo chiodo.
p.19
ripetuta nella continuazione del chorus
laborioso, improvvisato, meditato piano
quando il sole dilata il centro e il suo chiodo.
p.19
Il risultato è ottenuto mantenendo vivo il rapporto tra il verso e il suo correlativo: il testo è sempre in rapporto con la “storia” da narrare, racconto della qualità sonora del musicista, di una minima sua biografia; e infine, della percezione di un dolore variamente pesato nelle invenzioni ritmiche e armoniche.
È proprio in queste suggestioni di biografie accomunate da “un male” comune che Rita Pacilio è capace di stimolare la sua musa, di pronunciare, nei passaggi migliori, parole di pietà e di denuncia, di arresa malinconia e di forza.
È proprio in queste suggestioni di biografie accomunate da “un male” comune che Rita Pacilio è capace di stimolare la sua musa, di pronunciare, nei passaggi migliori, parole di pietà e di denuncia, di arresa malinconia e di forza.
Sebastiano Aglieco
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