Recensione - 'Il bisogno della poesia' - articolo di Rita Pacilio

Il bisogno della poesia

di Rita Pacilio


In questi anni di crisi in cui la sfrontatezza delle nuove generazioni viene, molto spesso, soffocata dai periodici bilanci motivazionali e da aspettative illuse e tradite, nascono numerose poesie che come per disperazione e per incanto, rigenerano interrogazioni e meditazioni sull’arte, specie sulla scrittura. Le agenzie educative, i salotti letterari, le case della poesia ravvisano una stagione autonoma ed evidente che mostra l’urgenza del dire – molto spesso e purtroppo, anche dell’apparire. Si autorizzano ai libri destini nuovi, un fermento che festeggia, non in senso ideale, un percorso di dolore e di stanchezza quasi fisica, fisiologica. Le tematiche sociali e psicologiche vengono riprese per sollecitare riflessioni sul ritrovamento, o prima ancora, sull’eterna ricerca dell’identità e del vero. Il poeta diventa oggetto del suo verso, misterioso, essenziale, quindi la poesia rimodella le realtà esteriori e interiori soffrendo le tematiche intime e quotidiane in maniera autenticae ubbidiente. Il ritmo è cosparso di sopravvivenza e intelletto per proteggersi dalle tensioni intime difficili da ‘sistemare’.
 Tu non sei riuscita/ a salvarmi ed io/ non ho saputo prendermi/ cura di te/ così scrive Antonio Perrone in Curae. Un prendersi cura di se stessi e degli altri come a testimoniare l’assoluta difficoltà di tacere le domande prioritarie e, indubbiamente, misteriose, dell’animo umano. La responsabilità dell’autore che dialoga in maniera varia e drammatica sul senso dell’esistenza.
Poesia come ricordo gratuitamente concesso dal privilegio di appartenere a più lingue, diversi territori. I ricordi sono impressi su quei muri per necessità, per meglio sottolineare che i luoghi della fanciullezza tornano a farsi sentire nella loro interezza, con struggimento nostalgico senza incupire l’animo. Angela Ragusa in Inverso ritorno mette in evidenza i contrasti che dal mito si allungano e si deformano fino al reale restituendo voce e speranza a una terra di e per tutti.
Eppure la terra tradisce il patto di fedeltà alla vita. Tremando smette di essere remissiva all’uomo inghiottendo con crudeltà e ferocia ogni forma di esistenza. Irpinia di Alfonso Guida è il poema del visibile e dell’indicibile. Linea di impluvio. L’ombra dei bicchieri/ sull’indice. L’orologio mentale/ della notte. Senza buio. Ore senza/ buio./ Qui la parola prende il sopravvento sul dolore, infatti, lo stremo si trasforma in materia linguistica per non consentire alla coscienza di precipitare implacabilmente nelle macerie, per sforzarsi di sopravvivere alla cancellazione, per impedire lo scempio e la manomissione di ciascuna identità, non solo di quelle straziate dal terremoto del 1980.
Pompei, un’altra terra martoriata. Luigi D’Alessio concede ai lettori, grazie alla poesia, un sentiero privilegiato per stabilire un forte legame tra la memoria e l’immaginario. Contemplare rovine e scavi ci consente di accedere direttamente alla vita ridotta in scheletro, alle ossa pietrificate dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Non sapemmo/ o non sospettavamo/ che della nostra morte/ ne avreste fatto/ un vostro glorioso passato./ La poesia ha grandi forze quando stabilisce armonie perfette tra l’interiore e i paesaggi esteriori per questo motivo la costatazione del dramma riesce a riprodurre il movimento, i sentimenti e i pensieri di chi ha abitato quei calchi.
 È la storia dei popoli del Peloponneso a far nascere Di volo e di lava di Marisa Papa Ruggiero. Vicende che riprendono interiorità del passato per meditare paesaggi visionari del mediterraneo da cui la letteratura nutre ogni pezzo della sua anima. Natura, tempo, storia si intrecciano per denudare un sommerso sparito/in erosione/ come a un ritorno una fine/ le cento lastre di pietra/ le cento torce-guida/fiaccolanti/
Quindi il tempo, la natura e i segni della vita affermano, continuamente, un equilibrio perenne e fragile. La poesia scrive il carattere dell’uomo nei suoi ritmi più profondi: vita-morte-vita. Lo sapeva bene Marco Amendolara, da Salerno, a cui va il mio pensiero, non solo per la meditazione letteraria che ci ha lasciato, ma, soprattutto, per la ricchezza stilistica sottesa alla dignità del dolore insito nel significante. Ma nella sembianza umana, delle graziose forme di qualcuno/ nulla resta veramente in noi bene perenne/ se non spettri scuciti/ miseri simulacri che il vento sconfonde/. Poesie di speranza e incanto, disillusione e turbamento. Una mistura di significati poetici e filosofici molto commoventi, alti. Per La Vita Felice quest’anno è venuta alle stampe un’opera omnia La passione prima del gelo (poesie 1985 – 2008).
I Fatti deprecabili di Caterina Davinio ci mettono di fronte a innumerevoli problematiche sociali intese come scelte etiche. Le riflessioni accendono fari giganteschi sul senso di responsabilità del poeta che resta l’unica figura intellettuale capace di dar voce alla realtà e alle verità sottese cadendo ad ogni passo verso il perdono/ crollando dove colpisce l’eterno/ i nostri passi precari sulla terra/.

La poesia nasce dal bisogno di mettere a fuoco la vita per questo motivo Annamaria Ferramosca in Trittici ha necessità di investigare nell’arte della pittura per infilarsi e cucire un ricamo armonioso di parola/immagine. Negra corona sul capo intrecciata/ in forma d’infinito schiavo amore/ negro tetto di ciglia sovrappensiero/ occhi uragano impenetrabili/. In modo sottile e arricchito elabora, come accade in un confidente colloquio,  prodigiosi versi che narrano la vita e la sua ombra. Quindi, con destrezza e raffinatezza racconta in poesia la cronaca di un volto, il suo tormento, il bagliore di un colore e il suo incantamento.


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