Recensione - Rita Pacilio su 'Dialoghi con l'altro mondo' di Salvatore Contessini - LVF 2013







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Dialoghi con l’altro mondo
di Salvatore Contessini – La Vita Felice 2013
nota di Rita Pacilio

Se è vero che il suicida porta con sé una mente dietro la mente in cui, comunque, esiste la coscienza del corpo e la percezione del mondo si può pensare alla presenza di una irrazionalità razionale che traduce continuamente la meraviglia della vita e del creato in un attimo, senza tempo, in cui vita/morte si ricongiungono in modo enigmatico ed essenziale. La certezza della sacralità del circolo vitale oscilla tra l’oscurità e la sua luce in un continuo castigo che deframmenta la tristezza in toni folgoranti dell’esistenza.
Nel volume Dialoghi con l’altro mondo di Salvatore Contessini (La Vita Felice 2013) i versi del poeta suicida, con cui l’autore sceglie di interagire, diventano, soprattutto, un atteggiamento comunicativo emozionale. Contessini programma un percorso pilota che consente al lettore di non avere un posto marginale nella sperimentazione dialogica in cui la luminosità dell’ombra non viene mai giudicata, mai deturpata nella dignità umana. L’alternanza delle voci narranti pongono l’attenzione verso l’io classificandolo come un bisogno, non solo di stile, ma di senso connotativo.
Il filo narrante viene tessuto con abile originalità metrica mantenendo una costante tensione simbolica verso il confine intimo, che, se raggelato dalla scelta consapevole della propria morte, mantiene un’incarnazione costante e attualizzata del viaggio nella vita. La vita, infatti, pulsa con decisione e suggerisce tappe possibili: l’interrogazione dell’autore rappresenta lo scarto tra l’idealità e la realtà agendo le proprie angosce esistenziali e i sentimenti di cui si nutre il lato psicologico di ciascuno. Si rateizza un romanticismo indeterminato nell’identificazione inquieta degli stralci poetici dei suicidi che diventa un’unica voce,  indivisibile, delirante, destinata a liberare il segreto.
Contessini, predisponendosi come corpo/mente multiforme, si avvicina al tormento sospeso tra la vita e la fine sviscerando gli aspetti inconfessabili. Accede, con sensibilità autentica, all’irrequieto e duplice moto dell’ignoto.
Signore, lo giuro sulla dea beata:
non più voglio stare sulla terra,
desiderio di morte mi prende,
di vedere le sponde d’Acheronte
fiorite di loto...

Saffo



Dialogo Impari


Se le parole al modo di tempesta
usano vesti di consigli accolti
undici vite predicate lasciano spaiate orme
singole orme, diafane danzanti ombre.
Numero che marca limite
di comprensione umana,
di forza visionaria con pari proprietà
dei due princìpi. Densi gli accordi
oscillano a memoria, infranta, labile, memoria.
È vero di Gorgone l’incanto fatto pietra?
Cosa c’è
in fondo ai tuoi occhi
dietro il cristallino
oltre l’apparenza?
Dove il tempo
d’improvviso
si ferma
e
la mia anima
sulle tue labbra
resta
sospesa?
Svesto la suggestione della roccia viva
che s’apre a contenere salme oltre il salmastro
mare, specchiato in colpi per l’oblio scolpiti.
Ioniche volute dedicate, oltre i millenni, officiano
il luogo del ricordo con una bruma, densa di inganni.
La rupe ha visto il mare e scalpellini accorti
sospesi nel lavoro quotidiano omaggio al titolato
che pensa il suo riposo come una permanenza.
Vieni.
Inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell’angolo più
astuto di quanto taciuto del sapere
sbarra l’umano amore del creato
o sguardo fermato all’orizzonte
tinge d’azzurro l’iride che specchia la marea,
un pelago di rocce emerse
nell’isola bagnata ad onde
in una trama di diletto estranea
alla metà del pomo che non è mela.
La voce ascolto ed il racconto
di sfumati sentimenti
al genere rivolti, ma non solo
ad un amore che si stringe con la morte,
alla salsedine del mare ed al natante
che non fa ritorno.
Mi guardi e non comprendi
i tuoi occhi scivolano
sui miei versi
con leggera diffidenza.
Le mie parole si confondono
ai tuoi pensieri scontati.
Non puoi sapere dell’ignoto
se tale ne rimane il senso,
non puoi sapere ciò che non puoi,
solo accostarti ti è permesso
all’aura di colore donna che mi cinge.
Guidami i passi allora non a questo fiume,
del Cocito mi occorre riva per un traguardo
che sia la ripartenza fino allo Stige
prima che loto mi circondi e l’asfodelo
disponga, a chi rimane, tumuli del lutto.
Aprimi al velo di tenebre perenni
come per altri è stato il pronunciare
quel vaticinio della fine in versi.
Non è concesso innalzare il lamento funebre
nella casa delle ministre delle Muse... questo a noi
non converrebbe
questo è il divieto
per noi che in vita
... non vi era danza
né sacra festa...
da cui noi fossimo assenti
né bosco sacro in cui celebrare rito.
Chiedo il favore della scelta,
un indirizzo a cui vocare
il desiderio di conoscere l’altrove
con chi dimora nell’assenza
con chi la forma ne ha trattato.

Notizia sull’autore
Salvatore Contessini (Roma 1953). Collabora da oltre dieci anni con case editrici e ha ideato numerose iniziative e progetti editoriali.
Suoi testi sono inseriti in diverse antologie e riviste e ha ricevuto importanti riconoscimenti a Premi.
 Pubblicazioni:
Il sole sotterraneo della luce nera (2003);
Domestico servizio
(2007);
Criptogrammi
tetralogia di un alfabeto rivelato (2008);
A guardia del riposo
(2011);
Una tempesta di parole - suggerimenti accolti
( 2011).

Curatele per volumi antologici:
con Diana Battaggia
Fotoscritture
– Istantanee di Erico Menczer - immagine e poesia (2005);
Scritture urbane
- Appunti fotografici di Gianfilippo Biazzo, Immagine e Poesia su Roma (2007);
Arbor Poetica
- Poesie su immagini di Stefano De Francisci (2011);
con Stefania Crema
diario poetico Il segreto delle Fragole, edizione 2007.


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