Il bambino e il linguaggio poetico
Il bambino per comunicare il suo mondo interiore possiede due tipologie di linguaggio: la lingua ufficiale, linguaggio denotativo,
quella codificata dalla grammatica e dalla sintassi, e l’altra, la
lingua inventata, quella della fantasia, personale, intima, creativa,
che costituisce il linguaggio connotativo. Il linguaggio
poetico appartiene a questa seconda categoria di comunicazione e, se per
l’adulto la seconda tipologia di comunicazione può essere quella meno
importante, soprattutto se non si tratta di un poeta o di un artista,
per un bambino, invece, questa rappresenta la forma di comunicazione più
necessaria e funzionale, affinché possa rielaborare stimoli percepiti
per trasmetterli accuratamente al mondo intero. Più di trenta anni fa
gli studi si concentravano su come il bambino parlava e su come si arricchiva il suo vocabolario grammaticale e sintattico. Oggi la ricerca si muove sul cosa il
bambino dice, sulla sua competenza comunicativa, sulla sua capacità
interattiva considerandolo, per una sorta di rivoluzione copernicana,
parte attiva di un contesto allargato e complesso. Il linguaggio
comunicativo diventa, in questi termini, la funzione principale e
primaria dell’equilibrio che si stabilisce tra l’interno e l’esterno di
chi comunica: diventa fondamentale il sentire di colui, in
questo caso del bambino, che è inserito nella società. Ecco perché
attraverso il linguaggio il bambino codifica le proprie impressioni del
mondo circostante denominando le cose intorno, identificandole,
sistematizzando, così, le proprie impressioni attraverso un processo di
interiorizzazione del regno delle immagini cui viene a contatto e
traducendo tutto il dominio dei nomi con il grande strumento delle
proprie emozioni. A questo proposito è doveroso chiarire un equivoco di
fondo: i bambini hanno una competenza comunicativa di tipo connotativo
per una conformazione strettamente psicologica innata, istintiva, direi,
per una manifestazione affascinante e spesso occasionale, quasi come un
atteggiamento incondizionato. Il linguaggio poetico attribuibile ai
bambini è collocabile nella comunicazione ed è assolutamente legittimo
se inteso come un’innata propensione dell’essere umano al linguaggio
poetico o alla natura artistica. Qui si potrebbero innescare le
innumerevoli diatribe sul concetto innato/acquisito, ma il nostro
interesse è collocare il bambino nell’ampio discorso della comunicazione
(Ada Fonzi, La magia delle parole: alla riscoperta della metafora,
Einaudi). Non per questo, però, tutti i bambini saranno poeti da
adulti. Sottolineo che è importante imparare a esprimere il proprio
mondo interiore e che richiede necessariamente la capacità di staccarsi
dall’oggettività della realtà esterna e dalla staticità dei modi
abituali di decodificarla. Ciò si traduce in definitiva nel
padroneggiare la realtà in modo visionario: una abilità che appartiene
solo al Poeta! Il poeta entra nel mondo come se si incamminasse in una
scena intuendone le straordinarie possibilità di avventura. Per dirla
con Elsa Morante, qui, nel reale il poeta smaschera gli imbrogli, qui si dissolvono e scompaiono/appaiono i sensi plausibili, e
una poesia una volta partita non si ferma più, ma corre e si
moltiplica, arrivando da tutte le parti fin dove il poeta non se lo
sarebbe aspettato.
L'autore: Rita Pacilio
Web site: http://ritapacilio.blogspot.it/ - email: ritapacilio@gmail.com
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