Rita Pacilio riflette ad alta voce dopo la lettura di
‘La questione del rapporto tra l’italiano e i dialetti’ di Giorgio Linguaglossa
Nel passato storico ritroviamo società che credevano che gli eventi e le vite ritornassero. Non c’era preoccupazione alcuna per l’avvenire sociale. I Greci, per esempio, sentivano il futuro come un prosieguo e non un cambiamento della condizione umana.
Quando in Occidente trionfò il Cristianesimo, che prometteva una vita dopo la morte, ci fu una fortissima concentrazione sulla conquista dell’eternità ed un deconcentrarsi sull’avvenire della società.
Solo con il progresso scientifico è avvenuto un ridimensionamento tra la ragione umana che cercava di dissolvere mali sociali e la coscienza religiosa e quotidiana (Yves Bonnefoy).
Eppure nel quadro inquietante in cui oggi tutti siamo gli autori, parliamo di poesia e di rapporto tra la lingua e i dialetti o di dove va la poesia e se c’è una post poesia.
E così perdiamo la fiducia nelle intuizioni soffermandoci sulla decifrazione di contenuti concettualizzabili in una condizione di differita. La Poesia è un continuo ritorno al reale (Y.B.) e ci restituisce il senso delle cose così come sono. Come un’antenna sensibile che registra le sequenze delle immagini allusive e fuorvianti.
Si aprono vie tra le parole con le parole e gli usi imprudenti o saggi dei dialetti mettono in pratica l’ostinata volontà di suonare le esperienze della propria terra dove i sogni sono prigionieri. Il bisogno di generalizzare diventa a volte una spinta incontenibile e credo anche speculativa.
Il pensiero poetico non può mettere le catene agli eccessi, anche minacciosi, dell’utilizzo dell’altro da noi. La tensione è verso l’allontanamento dell’io dalla scintilla che porta al reale.
La trappola è tesa.
Può essere la post poesia a liberare l’uomo dall’inquietudine, o è essa stessa turbamento?
Credete sia ingenuo l’interrogativo?
Ormai è disprezzata l’evocazione del sogno e della sua verità.
E la parola sottende ancora la pulsione e il soffio interiore?
Incorono la lettura del mondo e coloro che lo guardano con gli occhi aperti.
E tra trenta anni al Maestro dirò (anche se non sono un notaio) che le relazioni tra le materie sonore saranno identiche a quelle di oggi.
Come la presa di coscienza e l’incapacità di staccarsi dall’attimo che fugge. Percezione questa suscettibile di essere sostituita o defraudata.
Rita Pacilio
Foto di Ennio Meloni
Foto di Ennio Meloni
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