Recensione - Salvatore Contessini su 'Di ala in ala' Pacilio - Moica (LietoColle 2011)


S. Contessini su Pacilio/Moica

25 febbraio 2011

DI ALA IN ALA

(Dialoghi Con L’ Assenza)


Un nuovo titolo LietoColle con caratteristica insolita ma che tuttavia ha già dei precedenti. La peculiarità risiede nella dualità delle voci che ne determinano l’impianto. Benché autonome ed individuali, tali voci vengono a definire un incontro tra emisferi poetici complementari. Siamo di fronte ad una comunicazione poetica su contenuti condivisi, ma vissuti separatamente e con prerogative diverse. Tale diversità risiede nell’appartenenza dei due autori  alle differenti categorie di  maschile e femminile.
La comunicazione poetica mostra un’intesa su temi comuni, e propone anche una strutturazione disciplinata con scelte metriche in cui, giocoforza, il due diviene pietra angolare su cui poggiano suoi multipli fino ad assumere il ruolo di ossatura portante. La natura geometrica della composizione viene confermata laddove è possibile rilevare i primi elementi della serie numerica di Fibonacci: 1.1 (i singoli autori), 2 (la loro somma), 3 (l’accoglienza editoriale di Diana ovvero la sintesi), 5 (il numero delle sezioni), 8 (il numero dei versi che come esergo chiudono la raccolta). È da tale natura che viene dispiegandosi una composizione di testi che mostra l’intimo della sua anima frattale: progressione esponenziale della spirale esterna. Tornando alla scelta  metrica dei componimenti, le quartine ripetute in gruppi di nove (numero dispari che conferma e ribadisce l’attenzione alla dualità), unita al numero pari dei componimenti che costituiscono le singole sezioni (obbligato), confermano la composizione della silloge per multipli. Solo nelle ultime due sezioni avviene un variazione di registro, con il cambio dell’utilizzo del modulo strutturale, che abbandona la ricorrente ripetizione in nove blocchi, per trasformarsi in sottolineatura di una comunicazione non più diaristico-personale, bensì reciprocamente dedicata.
L’attenzione rivolta anche alla scelta della forma espressiva diviene valore aggiunto per l’intera silloge.
Per quanto al contenuto, non ci si fermi alla superficie delle quartine. La raccolta ha un ordito invisibile all’occhio ma percepibile alla mente. Una traccia continua che sostiene il colloquio e ne fa simbolo uroborico.
In primo luogo il dialogo appartiene all’estensore dello scritto. Un proferito interiore che si rivolge all’assenza. L’assenza, per assurdo, è il soggetto proprio della conversazione che viene a configurarsi con  caratteri di quotidianità dialogante tra io e sé; surrogato della assenza della comunicazione verbale con il resto del mondo: con l’altro.
In secondo luogo, questo dialogo si plasma sull’immagine del partner, manifestandosi quale controcanto o meglio, come   complemento che integra e compendia l’imperfetta unità dell’essere. È uno specchiarsi in un soggetto-specchio che assume le sembianze complementari del principio che nei versi si incarna. Quando chi si specchia interpreta il principio femminile l’immagine specchiata è maschile e viceversa
Si leggono, nei versi, gli intarsi tra la dimensione speculativa dell’assenza (tutta cerebrale) e quella emozionale (sensitiva) della stessa; il rapporto tra principio femminile generativo (che si dona) e principio conservativo maschile (che si nega). Sono queste le condizioni che determinano la cifra ancestrale di riferimento in cui la narrazione versificata dell’assenza assume la funzione di punto nodale attorno al quale il movimento centripeto dei versi si raccoglie.
"Di Ala in Ala” diviene, dunque, rappresentazione semantica di un soliloquio con l’assenza; consapevolezza della condizione divina che ognuno di noi percepisce, ma che mai riesce a raggiungere ed abitare nella sua esclusività. Questa consapevolezza si manifesta nel transfert con l’angelo. Simbolo condiviso che permea l’intera raccolta, tentativo di tramite per trascendere la piatta necessità del reale ed incontrare nella fantasia del sogno la perduta essenza del divino che ci alberga. Le ali dell’angelo, evocate anche nel titolo, divengono figure di luce che indossano sembianze di voci: separate e isolate, ma illuminanti.
 Viene dunque a smentirsi l’impressione  che c’è incontro o comunicazione diretta tra queste voci, emerge invece un’elezione di affinità emozionale, sostanziata in una forma espressiva condivisa ed affinata.
Si rinviene un assemblaggio di cronache d’amore. Una raccolta di pagine di diario tenute in uno scrigno in cui si custodiscono fantasie, sentimenti, interrogativi d’anni che hanno attraversato ed attraversano la vita assegnata: da una adolescenza che nutre l’inquietudine ad una maturità varcata che si rafforza con la riconferma delle scelte compiute.
Tra le nostre mani scorrono pagine  con accenti alternati, di tempi, di soggetti, di emozioni, di domande irrisolte, di maschile e di femminile che sovrappongono e scambiano i ruoli. Queste sono pagine scandite da versi ci fanno dono di una poetica che, proposta in forma di poemetto, consente di  candere l’oscuro che ci assedia e di assumere la disposizione che concede il volo.

Febbraio 2011
s.contessini

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