Diario di Rita Pacilio
19 agosto 2018
La mia reazione al caos
intellettuale, ai pareri apparsi sui social in questi giorni, alle innumerevoli
opinioni prive di interiorità e umanità, è il silenzio. Ancor meglio, il
silenzio e la solitudine. Sono stanca di stare al mondo in questo modo. Siamo tutti
in pericolo per la negligenza umana, per l’incompetenza e la sciatteria. La superficialità
comporta gravi rischi, è sempre un errore e non capisco come mai, questo
semplicissimo concetto, non venga compreso da tutti. Mi sento malata, malata di
delusione e impotenza. Non ci sono cure, non ci sono vie di uscita e non
guarisco. Appartarsi, ritirarsi, fare il percorso a ritroso, regredire nel
tempo e di fronte al tempo, sembra essere una comoda soluzione. Potrebbe apparire un pensiero melodrammatico, forse è drammatico. Vado indietro come per arrivare
all’origine, correggere via, via qualche mancanza commessa, giungere al grembo
più piccolo e sufficiente a darmi aria. Non è più ospitale il mondo. Mi sento
messa alla porta: ogni giorno ho di fronte un porto chiuso, percorro un ponte
frantumato, naufrago su un gommone sgonfio e in alto mare. Intorno è diventato tutto enorme e inutile, aggressivo, ostile, nemico acerrimo. La libertà ha ceduto il
posto al libero arbitrio, mi chiedo se per legittima difesa. Le altezze si sono
spianate, appiattite. Sono morti i livelli, i gradi, le sfumature delle
differenze. Sembra che le parole siano state svuotate del senso dell’Amore. Si sono
ribaltati i cardini, si è rovesciato il bicchiere mezzo pieno. Questa tiepidezza,
che diventa sempre più livore, mi soffoca. Mi sta stretto il progresso
esasperato, il grande centro, la maestosità del disordine, dell'incuria, la mancanza di un bacio. Per
questo motivo sto scappando. Senza Amore
non esiste autenticità. Mi chiedo: perché abbiamo svuotato i borghi, le
contrade, i piccoli paesi? Ho urgenza di farmi proteggere dall’ombra di un
albero, da un rudere essenziale, da una roccia nuda e assolata, da uno scoglio
verde e vivo. Scappo e non so se ho voglia di tornare.
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