Intervista - Rita Pacilio e il suo linguaggio
Molti hanno scritto sui miei testi. Molti ne hanno estrapolato versioni e suggestioni a volte vicine, a volte lontanissime dal mio progetto di scrittura. Ciò che mi affascina è la sensibilità, spesso troppo pragmatica, per comprenderne il significato. La libertà del 'sentire' mi commuove (ogni volta che leggiamo o rileggiamo un testo, una poesia, è come riscriverlo, ricomporlo grazie agli strumenti percettivi e sensoriali di cui disponiamo). Accade così ogni volta. L'elemento determinante, oltre alla 'potenza furibonda' che ricerco nelle parole fino a 'trovare' quella giusta, è la corsa verso la verità nella realtà, quelle sfumature, eppure essenziali, che sfuggono ai più. Il lessico allusivo e inequivocabile è il mio obiettivo primario, qualunque sia l'argomento trattato. Quindi la cifra, il graffio che possa identificare la mia innocente visione. Essere criptica? Non so se cerco questo, forse potrei rispondere che ogni lettore può plasmare e folgorarsi nell'immagine della costruzione ritmica e logica della parola con cui si confronta. Ecco, vorrei accadesse questo. Se dovesse compiersi un processo sensoriale nel lettore, non è più importante 'capire' cosa intendesse rivelare l'autore. Basta com-prendere. Prendere con sé la bellezza, se c'è, nell'incontro di anima-parole.
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