Rita
Pacilio
La poesia come impegno
contro tutte le forme di violenza:
la trilogia dei corpi
offesi.
- ‘Non camminare scalzo’ – Edilet Edilazio Letteraria, 2011
Non camminare scalzo
è l’incontro con la sofferenza propria e dell’altro. Lo sguardo è centralizzato
sullo spazio interno del proprio vissuto e la dimensione parola poetica permette di esprimere il senso di alcuni momenti
della vita come esigenza di mettere a fuoco meccanismi interlocutori, seppur
intimistici, per portare a nuove vie di unione concrete e sociali. L’altro diventa l’allarme di una
comunicazione difficile con se stessi o che non avviene più …
(dall’introduzione dell’autrice)
La memoria si fida di
me ed io stringo i limiti, ritrovo
l’imbroglio, sento il
tradimento.
Si arresta il dormiveglia,
l’anima
superba beve birra e
ammutolisce.
Nessuno chiede verso
dove, verso quando,
verso chi lasciare
cadere
queste mele marce. Il
vento. Il vento asciuga
il sangue dal naso.
Cosa ti porto?
Il mio orizzonte è
tondo, sono di nuovo
al punto di partenza.
Mi concedo.
Mi sono coricata sulle
scale
tra i calcinacci del
mio corpo
oro cado dall’intonaco
nuovo
trapasso i muri con le
ali.
Sono un fantasma
incandescente
– ancora una volta –
il dolore
impronunciabile
si sposta nelle ossa
della gente.
Si paralizza nei figli
bastardi
corre nei passi dei
marciapiedi.
Se volessi separare
l’unità
dell’infinito universo
che sono
dovrei morirti mille
volte ora
e trascinare la luce
con me.
La morte cammina dentro
al petto
come la tua lingua mi
masturba.
Lo stupore dell’andare
a tempo.
giorni fa c’era il sole
sul tetto
un cielo rovesciato
ed io nella tegola riflessa.
- ‘Gli imperfetti sono gente bizzarra’, LVF 2012
Poche opere di poesia mi hanno colpito recentemente
come questa raccolta di Rita Pacilio. Un dolente e splendente diario,
personalissimo, dove la forza dei versi fila, tesse e spacca la mormorazione in
cui pure restano raccolti, pronunciati da quel luogo inespugnabile che è lo
spazio dell’essere sorella. [...] Il libro è visionario e intimo, ma in forza di
una speciale qualità di composizione e di concentrazione, evita tutti i rischi
che si incontrano in un corpo a corpo così stretto con l’abisso. [...] la voce
di Rita Pacilio viene da un luogo intimo e indifeso. La poesia-sorella non
osserva, è una destinazione comune, un luogo carne sangue comuni e
indivisibili. Un amore che è conoscenza. L’osservatore è in un luogo altro
rispetto al gorgo, alla pena, la sorella no. La sorella, lei sola conosce.
[...] Tutto il viaggio all’inferno, questa dura traversata, dove i versi sono
d’una bellezza sfiancate e maestosa, hanno un centro di diamante, castissimo e
brillante: «Ho parlato al tuo corpo fraterno». [...]
Pacilio mostra in questo libro una qualità di misura e di potenza emblematica che la accosta ad alcune voci della migliore poesia italiana. [...] se dunque si vorrà cercare un altro gruppo di pagine a cui accostare queste, per luminosa impenetrabilità, per rispettosa forza e arrendevolezza, si dovranno aprire le lettere di Paul Claudel alla sorella Camille. Anche là bruciava inintelligibile una fraternità scossa, devastata e pur incrollabile … (dalla prefazione di Davide Rondoni)
Pacilio mostra in questo libro una qualità di misura e di potenza emblematica che la accosta ad alcune voci della migliore poesia italiana. [...] se dunque si vorrà cercare un altro gruppo di pagine a cui accostare queste, per luminosa impenetrabilità, per rispettosa forza e arrendevolezza, si dovranno aprire le lettere di Paul Claudel alla sorella Camille. Anche là bruciava inintelligibile una fraternità scossa, devastata e pur incrollabile … (dalla prefazione di Davide Rondoni)
Si
increspa il lago di Nemi
in
un gesto di doloroso silenzio
a
vederlo mordere nuvole
l’affanno
arriverebbe in cima.
Salgono
visitatori
in
una strada scoperta riaffiorano
in
mezzo alle piante
ragazze
di colore nude a metà
pascolano
paure
e
cosce raggelate. E fissano
l’inquieta
luce della sera
come
fosse un contatto.
Chiedo perdono al mondo/ come
lo chiedo a te/ per il mio peregrinare stanco/ per l’urlo muto/ per la corsa
che mi affanna e dice./ Il destino è un cerchio senza fine.
***
Verso
nord-ovest aumenta la scogliera
si
arrampicano le acque
dove
si posa la clemenza
le
alghe consegnano umori tra dita.
Convulsi
baci a pieni polmoni
all’abisso
che rimane tra i denti.
I
folli hanno labbra di rosa vermiglio
ginocchia
conficcate nella gola
quelli
del primo piano chiedono l’ora
collezionano
dossi per l’inverno.
Scrivono
sui marmi con il trucco
e
sbavano meduse sul mento
quelli
del secondo piano tremano
il
morbo che cresce nell’addio.
***
È
un morso prudente l’oscurità
un
disegno fatto di assenze.
Si
denuda l’incavo della spalla
svuotato
dalla mano
come
un gheriglio
una
lumaca.
Amore
mio io sono questa:
la
bellezza del circo,
la
colpa di aver gridato
nel
tuo gambo mendicante.
O
forse
l’inquieto
participio
e
l’ora scandita del risveglio.
Non
capirò mai niente del nome della sera
dei
lampioni spogliati come donne
e
di te che ti sfaldi sul muro di casa.
|
- ‘Quel grido raggrumato’, La Vita Felice 2014
La raccolta, che segue Non camminare scalzo
e Gli imperfetti sono gente bizzarra, chiude una trilogia
sull’inquietante e doloroso cammino attraverso i temi dell’emarginazione.
Il volume si presenta come un manuale del sopruso, contro chi ambisce variamente manovrare il corpo delle donne e dei fanciulli. Ovvero un trattato, balisticamente in versi, dove viene differenziato il mammifero maschio (e talvolta femmina) che la suddetta opera scellerata compie per piacere, lucro, lavoro, biologia, vendita carnale.
Il corpo poetico, in questo libro, ricerca, enuncia e precipita, in modo finanche notarile, la pratica maneggiona di coloro che si condannano per un realismo moralmente e socialmente insignificante.
Rita Pacilio, attraverso la poesia, nomina l’innominabile nella prospettiva dell’educazione, della rinascita, della ricostruzione. (dalla quarta di copertina)
Il volume si presenta come un manuale del sopruso, contro chi ambisce variamente manovrare il corpo delle donne e dei fanciulli. Ovvero un trattato, balisticamente in versi, dove viene differenziato il mammifero maschio (e talvolta femmina) che la suddetta opera scellerata compie per piacere, lucro, lavoro, biologia, vendita carnale.
Il corpo poetico, in questo libro, ricerca, enuncia e precipita, in modo finanche notarile, la pratica maneggiona di coloro che si condannano per un realismo moralmente e socialmente insignificante.
Rita Pacilio, attraverso la poesia, nomina l’innominabile nella prospettiva dell’educazione, della rinascita, della ricostruzione. (dalla quarta di copertina)
***
Ci sono sentieri che
nascondono l’inganno dei lastroni
e le mani dei padroni
sono daghe, punte venute dall’est.
Inganna la zeppa nera,
si abbevera alla macchia riccia di sole
scruta l’iride
abbassata il sonno del cliente, antico padre.
Sono parole sacre le
voci dei bambini, tiepide le fronti
eppure i glutei hanno
croste, boomerang colpiti nel segno
fino ai fianchi pulsano
inverni consumati domani
intorpidite le rupi si
muovono come nembi folli le bufere.
Non si aprono fenditure
ma canaloni indecifrabili
un lappare lento,
immaturo
che giunge
all’agitazione tra le natiche della bestia
nel luogo livido di pianura chiuso
in quel grido raggrumato.
***
L’hanno tenuta in due
come un foglio, un lenzuolo
i polsi e le caviglie
erano in una forma che si stira
un mandarino intero
riempiva la bocca e la gola
nel chiarore del vicolo
divaricato fra le trombe d’aria
il suo esame di
idoneità, la preparazione al primo
cliente la rendeva
frutto acerbo del cactus
desiderato dalla
censura di chi si apre i pantaloni
e spinge guardandosi
intorno che sia coperto
dalla colpa che non si
fermerà nella frusta dei reni
ma sintonizza il morso
e il liquido che cola
dalle due bocche aperte
lungo una linea comune
in quel triangolo nero da cui
escono periferie e disordine.
***
Deve aver penato tanto
nel rovesciarsi sfacciata,
pronta, passata in
tutti quei giorni che sono ancora qui,
senza risate. L’hai
accompagnata fingendoti sorpreso,
prato che ha sete
incenerito dalla ripetizione delle regole,
spuma bucata schizzata
sul vetro che stupisce appena
e impoverisce. Chiude.
Ogni rovina conserva
navate sgretolate nelle notti paurose
dei motel addormentati
dove finisce la tonalità romantica
e si inclinano le
tracce opache, nascoste nell’elenco corretto.
Lì c’è stato il
temporale dalle tinte ingenue, quasi monacali
la rabbia del video
passava sullo schermo un pompino
fatto con la devozione
del ringraziamento. Era stata un’altra
la prima della lista.
Chissà il colore dei capelli.
Pacilio
Rita è nata a Benevento, Sociologo, Mediatore familiare
e dei conflitti interpersonali ha lavorato nell’ambito dello Sviluppo delle
Politiche del Lavoro e nelle progettualità della Casa Circondariale di
Benevento trattando il disagio sociale e la Prevenzione delle dipendenze.
Poeta,
Scrittrice, Collaboratore editoriale si occupa di Poesia, di critica letteraria
e di Vocal jazz
Pubblicazioni
·
“Luna, stelle…e altri pezzi di cielo”; Edizioni
Scientifiche Italiane –anno 2003
·
“Tu che mi nutri di Amore Immenso” Silloge Sacra
Nicola Calabria Editore (Patti, ME) 2005
·
“Nessuno sa che l’urlo arriva al mare” Nicola Calabria Editore (Patti, ME) 2005
·
“Ciliegio Forestiero” LietoColle 2006
·
“Tra sbarre di tulipani” LietoColle 2008
·
“Alle lumache di aprile” LietoColle 2010
·
“Di ala in ala” (Pacilio –
Moica – dialogo poetico) LietoColle 2011
·
“Non camminare scalzo” Edilet Edilazio
Letteraria 2011
·
“Gli imperfetti sono gente bizzarra” La Vita Felice
2012
·
“Il cigno del lago” Pulcino Elefante
di A. Casiraghi 8 aprile 2013
·
“Quel grido raggrumato” La Vita Felice
2014
Nell’agosto
2006 l’autrice presenta al grande pubblico il progetto “Parole e musica” - Jazz
in versi: contaminazioni.
Discografia:
‘Infedele’ Splasc(h)Records
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