'Quel grido raggrumato', che uscirà tra qualche mese per i tipi editoriali de
'La Vita Felice', è una raccolta poetica intesa come atto sociopolitico che vuole denunciare, in questo
caso, i soprusi sessuali sulle minoranze etniche. Lo sfruttamento dei corpi,
soprattutto quelli dei bambini e delle donne, in molti Stati, avviene anche per
motivi di lavoro, ricerca biologica e non solo per il piacere sessuale. È nel
corpo, nucleo identitario e vitale, che si concentrano cognizione e spiritualità,
fonte di crescita e di sviluppo di ogni stimolo umano. Sulla pelle le reazioni
di disagio sono immediate e intense e uscire dal corpo, perché parte di esso
viene ferito, leso, umiliato, può significare rimanere soli.
Rita Pacilio
La raccolta, che segue Non camminare scalzo e Gli imperfetti sono gente bizzarra,
chiude una trilogia sull’inquietante e doloroso cammino attraverso i
temi dell’emarginazione. Il volume si presenta come un manuale del
sopruso, contro chi ambisce variamente manovrare il corpo delle donne e
dei fanciulli. Ovvero un trattato, balisticamente in versi, dove viene
differenziato il mammifero maschio (e talvolta femmina) che la suddetta
opera scellerata compie per piacere, lucro, lavoro, biologia, vendita
carnale. Il corpo poetico, in questo libro, ricerca, enuncia e
precipita, in modo finanche notarile, la pratica maneggiona di coloro
che si condannano per un realismo moralmente e socialmente
insignificante. Rita Pacilio, attraverso la poesia, nomina
l’innominabile nella prospettiva dell’educazione, della rinascita, della
ricostruzione. (dalla quarta di copertina – La Vita Felice 2014)
*
Ci sono sentieri che nascondono l’inganno dei lastroni
e le mani dei padroni sono daghe, punte venute dall’est.
Inganna la zeppa nera, si abbevera alla macchia riccia di sole
scruta l’iride abbassata il sonno del cliente, antico padre.
Sono parole sacre le voci dei bambini, tiepide le fronti
eppure i glutei hanno croste, boomerang colpiti nel segno
fino ai fianchi pulsano inverni consumati domani
intorpidite le rupi si muovono come nembi folli le bufere.
Non si aprono fenditure ma canaloni indecifrabili
un lappare lento, immaturo
che giunge all’agitazione tra le natiche della bestia
nel luogo livido di pianura chiuso in quel grido raggrumato.
*
L’hanno tenuta in due come un foglio, un lenzuolo
i polsi e le caviglie erano in una forma che si stira
un mandarino intero riempiva la bocca e la gola
nel chiarore del vicolo divaricato fra le trombe d’aria
il suo esame di idoneità, la preparazione al primo
cliente la rendeva frutto acerbo del cactus
desiderato dalla censura di chi si apre i pantaloni
e spinge guardandosi intorno che sia coperto
dalla colpa che non si fermerà nella frusta dei reni
ma sintonizza il morso e il liquido che cola
dalle due bocche aperte lungo una linea comune
in quel triangolo nero da cui escono periferie e disordine.
*
Deve aver penato tanto nel rovesciarsi sfacciata,
pronta, passata in tutti quei giorni che sono ancora qui,
senza risate. L’hai accompagnata fingendoti sorpreso,
prato che ha sete incenerito dalla ripetizione delle regole,
spuma bucata schizzata sul vetro che stupisce appena
e impoverisce. Chiude.
Ogni rovina conserva navate sgretolate nelle notti paurose
dei motel addormentati dove finisce la tonalità romantica
e si inclinano le tracce opache, nascoste nell’elenco corretto.
Lì c’è stato il temporale dalle tinte ingenue, quasi monacali
la rabbia del video passava sullo schermo un pompino
fatto con la devozione del ringraziamento. Era stata un’altra
la prima della lista.
Chissà il colore dei capelli.
*
“Parlo
della vendita degli organi, della prostituzione minorile, della
misoginia, della difficoltà a comunicare nonostante la vicinanza, il
contatto. La poesia dovrebbe sentire proprio il contesto di ogni
civiltà, dovrebbe guardare in tutte le direzioni territoriali e sociali
per conoscere i limiti dei paesi, delle aree geografiche che ancora
parlano linguaggi educativi retrogradi e incivili. La poesia deve
viaggiare, se è necessario deve interrogarsi e scegliere l’alternativa
della politica solidale mondiale per riscattarsi da concetti legati alla
meridionalità e all’individualismo sempre più sordo”.
(Rita Pacilio)
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