Recensione - Rita Pacilio su Maddalena Capalbi - 'Nessuno sa quando il lupo sbrana' - 'La Vita Felice' 2011



Nessuno sa quando il lupo sbrana
di Maddalena Capalbi  - La Vita Felice 2011
commento di Rita Pacilio
‘La poesia è il fiore più antico della terra’, dice Katerina Anghelaki-Rooke perché è connessa inevitabilmente alla vita, ai suoi intrecci. La poesia, infatti, è la rivelazione dell’energia vitale del mondo ed il poeta ne subisce il ‘perché’ restituendone l’intero e sublime mistero del ciclo puro ed ininterrotto dell’esistenza. Rinunciando a ricostruire tratti psicoanalitici dell’opera poetica Nessuno sa quando il lupo sbrana di Maddalena Capalbi si captano, necessariamente, l’alternarsi e il sovrapporsi di percorsi cruciali psicosociologici intrisi di forti confronti con i processi di vita dolorosi. Il lettore esperto, alla prima lettura, inizia malgrado tutto, a prendere una forte distanza dal proprio personale dolore effettuando una prima liberazione; si posiziona come terzo neutrale per meglio comprendere la grande edificazione poetica proveniente da una demolizione di rapporti umani devastati, tenuti in vita da una straordinaria architettura monastico/clericale. La Capalbi denuncia le dinamiche borghesi che, paradossalmente, sotto le vesti formali, proteggono violenze e soprusi mentendo, sottomettendo o deviando voci, pensieri e commenti innocenti. Spesso è la famiglia che nasconde i più grandi drammi sociali: i sentimenti di sacralità familiare sono intrisi di ombre e falsità a livello quasi midollare. Lo sguardo va ai ragazzi, piantagioni dei nostri campi, elementi vitali che dovrebbero garantire lo status di salute; la salute che dipende dall’integrità. La Capalbi sa che la nostra è un’epoca riduttiva: sa farsi carico, quindi, della responsabilità di madre crudele di tutti i tempi e della pena di figlia come vittima innocente, anche se i ruoli possono invertirsi, per un gioco di contrasto e paradossi, per ambiguità e misteri. Le dinamiche psicologiche sottese al quotidiano  evidenziano la disperata e lucida solitudine dell’età infantile maltrattata da un padre multiforme: incongruenza di un’epoca sociale che vive di controversie e turbamenti. Si capovolgono le attese quando la Capalbi narra nei versi la tragicità suburbana scommettendo la conversione e il perdono nel segno carnale del tempo. La madre e la figlia diventano soggetti atemporali nello specchio del trascendente. Si giurano amore, morte e segreto perché Nessuno sa che l’urlo arriva al mare (R.P.) divinizzando in morfologia biblica gli elementi dell’inconscio per meglio celebrare i sentimenti/segmenti di amore/pietas che il poeta cerca, cristallizza e colora. Questa è l’arte pregevole del ritratto.
Rita Pacilio


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