Poesia - Due testi poetici di Rita Pacilio inseriti nell'Antología Internacional "Antologia della poesia italiana spagnola LA VITA NELLA POESIA"












Ringrazio infinitamente
Filomena Ciavarella
e tutta l'organizzazione per avermi coinvolta.
Idioma- Italiano,Presentación desde Italia-EUROPA
La Cámara Internacional de Escritores y Artistas agradece a todos los talentos del mundo, que con entusiasmo participaron en nuestra Antología Internacional "Antologia della poesia italiana spagnola LA VITA NELLA POESIA" a publicarse para nuestros cinco continentes donde tenemos representación África, América, Asia, Europa y Oceanía, realmente un excelente trabajo literario, que será presentado en el marco del I Congreso Internacional de Escritores y Artistas - Barcelona, España 2020. ¡Muchos, Éxitos y
Felicidades
a los participantes!



Poesia - Una poesia di Rita Pacilio su La Bottega della poesia (a cura di Vittorino Curci) Repubblica del 31 ottobre 2020


 

Traduzione - Antonio Nazzaro Traduce una poesia di Rita Pacilio per il Centro Cultural Tina Modotti

Recensione - Antonietta Gnerre legge 'La venatura della viola' di Rita Pacilio (articolo uscito su Rivista ClanDestino 20/10/2020)





Rita Pacilio, La venatura della viola, Giuliano Ladolfi Editore, 2019

La poetica di Rita Pacilio, nel corso degli anni, ha subito un processo di continua evoluzione. Un percorso arricchito da un’energia tipica di chi guarda profondamente il mondo, gli uomini, gli animali, la natura. Con uno scavo interiore, severo e profondo, che ci insegna a guardare oltre le cose, animate e inanimate, che diamo per scontato. Profondi e attenti sono i suoi interventi critici e di saggistica, il suo amore per la musica jazz. Incasellata in questa direzione appare anche la sua produzione in prosa che non perde di vista il mondo dei giovani. Con un’approfondita attenzione per le tematiche femminili (Pacilio è anche Presidente dell’Associazione Arte e Saperi e l'ideatrice/direttrice della casa editrice RPlibri).

Rita Pacilio ci insegna che c’è una oscillazione che registra lo stato delle cose e della natura. E in quest’ultimo lavoro - La venatura della viola (Giuliano Ladolfi Editore, 2019) - spazia in direzione di una energia primordiale che ci sorprende con immagini poetiche interdipendenti. La natura in questo libro ci viene raccontata come fotogramma di una pellicola in evoluzione: “È un filo o una fune che fluisce/ da un capo all’altro della loggia/ dove stendevi il vestito buono/ e le spiegazioni esatte dell’insonnia”. Una raccolta arricchita da una molteplicità di punti di vista. Perché da un lato l’incontro con le viole è incluso come una sorta di chimica primordiale, dall’altro appare come un momento di profonda riflessione. Le viole, oltre ad annunciare la primavera, c’insegnano il senso dell’esperienza umana: “Vecchia storia suggerita dalla forza/ gravitazionale nell’aria immobile/ in cui tutto il mondo va alla deriva”. C’insegnano che tutto ciò che è vivo è sempre un incontro di anime, di ritmi e di sequenze che preparano il continuo divenire dei cicli dell’esistenza. Perché come recitava il titolo di una famosa poesia di Rocco Scotellaro: “Le viole sono dei fanciulli scalzi”. Si preparano a camminare nel tempo della stagione della loro vita.

L’importanza di questi fiori, dunque, diventa una sorta di colloquio aperto con il lettore. Basta pensare che già nell’antichità, la viola veniva indicata come pianta officinale. Dunque questa energia della violetta, pigmentata con sfumature diverse tra loro, ci viene incontro non solo per raccontarci la serenità di stare fermi. Ci viene incontro, tra gli spazi bianchi dei versi, per sostare nella parte della nostra coscienza “muovendo la venatura in trasparenza”. C’è tanta misticità in questi fiori, che si amalgama bene con il pensiero dell'autrice. La venatura della viola è un libro con un ritmo musicale miracoloso, perché il lettore viene coinvolto immediatamente a seguire un diario interiore che diventa universale. Tra i diversi passaggi, sempre permeati di altezze, c’è un silenzio assoluto e purissimo che ci arriva carico di un modo nuovo di intendere la sfera comunicativa: “è già compiuta nella tonalità/ il batticuore che guarda in alto/ guizzo estremo e gentile/ senza disperazione”. Un’opera vasta che rimescola in continuazione l’identità di una lingua con nuove visuali.

Leggendo questo libro ricostruiamo il sogno di appartenerci. Di appartenere al mondo vegetale e al suo complesso modo di avvertire l’importanza di nuove forme di interpretazioni. Stefano Mancuso, nei suoi attenti studi, sostiene delle teorie molto avanzate al tal proposito: “Le piante - afferma lo scienziato - sono più intelligenti degli uomini”. Quindi il fiore scelto dall’autrice è molto di più di una semplice traccia di lettura. È un indicatore fondamentale per sostenere tutta la sensibilità presente in queste pagine che ringraziano, domandano e pregano per noi. Sì, in questa raccolta le viole pregano per la vita e per la gioia, per il dolore e per l’amore. Nella lingua di questa plaquette la parola riecheggia, da un ritmo interiore a quello esteriore, attraverso i cunicoli della sensibilità più avanzata: “spalanca la gola per esercitarsi/ a ricordare la fine dell’autunno”.

Antonietta Gnerre


https://www.rivistaclandestino.com/rita-pacilio-la-venatura-della-viola/

Comunicato -Nuovo riconoscimento per la poeta sannita Rita Pacilio

Nuovo riconoscimento per la poeta sannita Rita Pacilio

 

Comunicato 31 agosto 2020

 

Dopo la partecipazione al XIV Festival Internacional de Poesía de Granada, in Nicaragua, (in videoconferenza per i fatti di guerra civile, aprile 2019) e quella al Festival di poesia internazionale di Tblisi in Georgia (maggio 2019), Rita Pacilioriceve dall’Union Mundial de Poetas par la Paz y la Libertad – UMPPL – il Diploma de Honor Per il suo lavoro letterario dedicato a generare consapevolezza pubblica, rafforzare i valori di convivenza sociale, rispetto delle leggi e dei diritti umani, Pace, Democrazia e Giustizia”. 

 

La poesia di Rita Pacilio è incoraggiamento a non soccombere alla debolezza, al sopruso e al dolore con la finalità di rifondare la comunità dei viventi nel rispetto dei diritti umani secondo la legge della Pace e della Giustizia universale. La poeta: “Mi interrogo incessantemente sul tempo, sull’assenza, sulla compassione, sul perdono, sull’amore e sul dolore appartenente a ogni creatura del mondo. L’urlo civile ed etico nasce dalla mia formazione di Sociologo e dallo studio della musica, del teatro, della letteratura e della religione. Concludendo, per me la poesia è sempre stato un luogo di esperienza, di incontro, di elaborazioni e modificazioni scaturite dalla fede e dalla speranza”.

 

Rita Pacilio (Benevento, 1963) è poeta e scrittrice. Sociologa di formazione e mediatrice familiare di professione, da oltre un ventennio si occupa di poesia, musica, letteratura per l’infanzia, saggistica e critica letteraria. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio. È stata tradotta in nove lingue. Sue recenti pubblicazioni: Gli imperfetti sono gente bizzarra, Quel grido raggrumato, Il suono per obbedienza, Prima di andare, La principessa con i baffi, L’amore casomai, La venatura della viola.

 

 

 

 

Premiazione - Il Litorale Premio Nazionale di Poesia e Narrativa: Primo Premio Libro Edito di Poesia a 'La venatura della viola' di Rita Pacilio (Ladolfi, 2019)






Recensione - Rocco Zani legge 'La venatura della viola' di Rita Pacilio (Ladolfi, 2019)

RITA PACILIO, IL RESPIRO DELLA POESIA

In questo tempo di precarie certezze affidiamo alla poesia 

il senso dei nuovi sentieri.

https://www.wordnews.it/rita-pacilio-il-respiro-della-poesia?fbclid=IwAR3L9SVYpkUrB00vXpVxxw8UXR-W79YX_LoAImAvqiyhl8ZMCIMtyYbwS6I






E’ difficile incontrare i poeti. Incrociare i loro sguardi o le parole. 
Quelle che sanno di inchiostri precoci o di viole selvatiche, di calure e di gatti. 
O dell’amore, dei suoi confinati indizi. E’ difficile incontrarli perché sono rari ma straordinariamente necessari.
Ricordate l’urlo di Moravia dinanzi al corpo di Pasolini? 
“Abbiamo perso innanzitutto un poeta e di poeti ne nascono soltanto tre o quattro ogni secolo. Il Poeta è sacro!”.
Allora direi di approfittare di questo tempo malato per farne tempo liberato, prosciolto da ingannevoli frenesie, 
da noie alimentate da altre tediosità. Facciamo che queste “fessure” occasionali 
siano motivo di lettura pulita e pertanto cosciente, intima, confidenziale.
Mi piace pensare a Rita Pacilio in questo momento esteso; alla sua poesia di reiterati affanni, di spasmi, 
di minuscoli incantamenti eppure come spalmata su pianori e valli. 
Come un eco ininterrotto e sismico che s’accompagna al vento e trova riparo sulle nostre labbra. 
Per lievitarle di segnali incensurati, di bagliori, di cristalli di sale. 
Per rincorrere ancora il vento – o è questo all’inseguimento dell’eco? – in attesa di un nuovo approdo, della battigia, 
della sommità in collina. O di labbra inconsuete.
Rita Pacilio l’ho incrociata per caso ovvero per fato – per “quel curioso Iddio che bussa alle porte e detta arsure” 
di bonaviriana memoria – perché sono convinto che esistono crocevia inevitabili, tracce da percorrere, 
odorosi aromi da inseguire. 
E oggi mi sorprende la sua “voce” che accoglie il dolore – i dolori – come linguaggio degli ultimi 
per farne sillabario comune: sfaccettato, nascosto, introverso. 
Eppure distillato – più o meno denso – negli occhi e nelle mani di ognuno.
Mi sono chiesta mille volte
cosa ha da dire un cane alle campane
della Chiesa, quando scende la notte.
Ogni tanto arriva un pensiero
dal balcone aperto del palazzo
che vedo dai miei vetri, per il resto
Tutto rimane taciturno e sospeso
Sa leggerlo il dolore Rita Pacilio, senza confinarlo altrove ma aprendo, con le parole della poesia, 
quello “spazio interno del proprio vissuto – come dice lei – che è residenza personale ma, altrettanto, 
universo affollato. 
La sofferenza come diagnosi testimoniale ovvero come “offerta”, luogo di velluti e di intemperanze, 
di silenzi gelidi e di ghigni irrefrenabili. Un TIC-CHET-TI’-O del verbo che non regola il tempo 
della narrazione ma lo apre, lo altera, lo piega, lo affatica.
Giorni fa c’era il sole sul tetto
un cielo rovesciato
e io nella tegola riflessa.
Noi siamo eternità che dura poco
Tra il dolore “necessario” e quello più drammaticamente “eccedente” si consuma una costruzione quasi amplificata, 
assordante, di nebbia che risale a confondere gli spazi e gli argini. 
Come se davvero ci fosse nel dialogo un insostituibile riparo per lo sguardo e l’ascolto. 
E un alloggio, precario ma proficuo, per la memoria di ognuno.
Rocco Zani, critico d'Arte


Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, sociologa, mediatrice familiare, 
si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di saggistica, 
di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. 
Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi
Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio.
Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarraQuel grido raggrumato,
Il suono per obbedienzaPrima di andare, Al polso porto catene, La venatura della viola.
Per la narrativa: Non camminare scalzo, L’amore casomai.
Pubblicazioni di letteratura per l’infanzia: La principessa con i baffi,Cantami una filastrocca, 
La favola dell’Abete, La vecchina brutta e cattiva.
È stata tradotta in greco, in romeno, in francese, in arabo, in inglese, 
in spagnolo, in catalano, in georgiano, in napoletano. 

Recensione - Raffaele Urraro legge 'La venatura della viola' di Rita Pacilio - Ladolfi, 2019


RITA PACILIO: La venatura della viola
(Giuliano Ladolfi editore, Borgomanero, Novara, 2019)


   Questa raccolta di versi di Rita Pacilio ruota intorno a un concetto-chiave: l’amore. Amore quasi francescano: amore simpatetico tra l’autrice e la natura, tra lei e il mondo; il che implica, come vedremo, un ottimistico, positivo sentimento della vita e del creato.
   Simbolo di questa natura è la viola la quale è portata da Rita, attraverso un arricchimento semantico del segno, ad una straordinaria, polivalente, simbologia: simbolo, come dice lei stessa, di ciò che vi è, nella vita e nel mondo, di più “semplice” e “dolce”, e quindi viola come prodotto lieve e delicato, prodotto della natura che, nelle sue manifestazioni più belle e affascinanti, sa essere “gentile e calma”, come gentile e calma è la viola. E poiché non vive da sola, ma insieme alle sue “consorelle”, essa è anche simbolo della fratellanza, e quindi, di una società di uomini/fratelli che vivono in un mondo nel quale, come Rita afferma nel testo di pag. 44, “porti in rovina e chiusi come porte / rendono l’acqua inutile e il tramonto povero”, dove l’acqua non è un elemento che unisce porti lontani, ma addirittura  elemento divisivo e campo di battaglia per meschini interessi politici. Ancora: la viola è anche simbolo puramente ed esplicitamente ecologico nella sua significanza più alta, come simbolo di quella natura alla quale noi uomini dovremmo essere più fedeli. Lo testimonia l’accorato messaggio di pag. 6: “Vi prego, usiamo buone maniere e tenerezza quando siamo di fronte a un albero, accarezziamolo…”.
   Ma nella vita si trovano aspetti negativi, turbamenti che sconvolgono chi ha un suo mondo morale fatto di valori positivi. Le persone più sensibili avvertono profondamente, e a volte in modo lacerante, questa conflittualità. I poeti in modo particolare, dei quali si può dire tutto quello che si vuole, tranne che essi non abbiano una sensibilità particolare, antenne più pronte a captare le onde magnetiche che vengono dal mondo,  oppure quello che De André chiama il “terzo occhio invincibile e speciale”, che consente di penetrare più a fondo di altri all’interno delle cose della vita e del mondo.
  E Rita coglie nel mondo “incuria, abbandono, assenza, miseria umana” (p. 5). Sono cose alle quali ci si può abituare e accomodare. Ma davanti alle quali  un poeta sente dentro di sé un moto di ribellione, ma non sorda ribellione passiva e improduttiva. Infatti Rita indica una via, un’altra possibilità, un’alternativa concreta e reale che possa dare un senso alla propria vita e a quella di tutti gli uomini.
   Allora? L’alternativa che Rita sente di seguire e che indica anche agli altri, è quella dell’amore nella sua dimensione più generale, amore che si potrebbe definire “simpatia cosmica”: capacità di vivere con gli altri e per gli altri, ma soprattutto consapevolezza di vivere insieme agli altri. Sì, soprattutto: “insieme”, come la nostra poetessa suggerisce richiamando alla memoria, a pag. 7, la canzone della nonna: Le viole come fanno? / Stanno tutte insieme”: che diventa anche la proposta della nostra poetessa.
   Certo, il richiamo alla leopardiana “social catena”, alla solidarietà universale contro lo strapotere della Natura, sembra ovvio, ma Rita indica in quell’“insieme” la necessità non solo della umana solidarietà, ma anche di combattere contro la malvagità degli uomini, contro il negativo dei loro comportamenti e contro i danni che essi provocano alla nostra casa comune.
   Questo può essere il semplice sentimento dell’individuo, un amore empatico, una simpatia cosmica che lo proietta in una dimensione di vita associata avvertita come ineludibile necessità del vivere e del realizzarsi. Ma  al poeta, a Rita, non può bastare, e difatti non basta: di qui la necessità, il bisogno di esprimere e comunicare sentimenti e idee affiché diventino patrimonio comune degli individui: bisogno di fissarli sulla carta, per mezzo dell’espressione poetica, quella fatta con le parole, che non devono essere le parole degli altri, le parole di tutti, usurate da un uso spesso disattento e spesso improprio, ma le parole del poeta, che hanno una loro originalità e perciò stesso suscitano in chi le legge o ascolta un’attenzione particolare perché creano in lui uno stravolgimento inatteso che lo spinge alla meditazione e, magari, alla condivisione di esse.
   Allora? Necessità di una espressione consapevole, e quindi di una selezione linguistica adeguata ad esprimere i concetti elaborati. È lì la sostanza del lavoro del poeta, e quindi la sostanza stessa delle cose. Non per niente Heidegger diceva che “il linguaggio è la casa dell’essere”, la casa dove abita la lingua del poeta, cioè quella lingua senza la quale il poeta vagherà nelle sue incertezze o nella sua inutilità. E Rita cerca un linguaggio poetico come strada alternativa alla degradazione umana. È proprio nel linguaggio poetico quella che io ritengo la più importante connotazione della vita del poeta: la parola originale, nella quale si invera la “libertà” come forma del vivere non condizionato da ciò che risulta incompatibile con noi.
   E il linguaggio di Rita corrisponde alla scelta ideologica, cioè alla struttura contenutistica della sua poesia: ha cercato, come lei stessa afferma a pag. 5, la risposta alla “bruttura della vita” nella “semplicità e nella dolcezza di un piccolo fiore”, la viola, da amare e coltivare con cura; e così ha scelto, e ha trovato, un linguaggio corrispondente, un linguaggio “semplice” e “dolce” (che non significa linguaggio “facile”), un linguaggio semplice e dolce che le consentisse di dire, senza inutili tortuosità e senza quella ricercata oscurità cara a molti poeti di oggi, ma nelle forme più esplicite possibili, i suoi contenuti ideologici. E difatti si può dire, come Rita stessa afferma, che qui, in questa raccolta, davvero  “maneggia la parola poetica per trovare la strada possibile da percorrere quando non ci si arrende all’incuria, all’abbandono, all’assenza, alla miseria umana” (p. 5).


***
In fondo l’aveva sempre saputo
che sarebbe accaduto il cambio
anatomico del saluto a mascelle
tese per evitare l’affanno dell’addio
durato quattro anni e mezzo
la ripetizione sovrabbondante
della chiusura. In fondo già
conosceva la sbattuta del portone
le parole che sarebbero tornate
quel tono negativo di cui preoccuparsi.
Vecchia storia suggerita dalla forza
gravitazionale nell’aria immobile
in cui tutto il mondo va alla deriva.

***
In ogni punto di questa stanza
sprofonda il vento senza voce
lo specchio raccoglie polvere e destini
al marmo gingilli, la camicia stretta.
Mani agitate sconvolgono ricordi
il nome; la data di nascita schiamazza
per terra.
Lo lasciò così, sofferente e audace
inconsolato nell’ultimo pomeriggio
caduto a spirale dal soffitto aperto.
In ogni passo di questa stanza rimane
lo spirito e la collera della coscienza,
noi vecchi inseguiamo l’origine, la foce
ma sarà difficile ricostruire il senno.

***
Il mondo è un corpo devastato
ha l’erba secca per il troppo pianto
è steso di fianco senza parole in bocca
alle dita manca il segno della pace,
si avverte il lamento del lupo in agonia
la neve permanente morire piano, piano.
Qualcuno dice non puoi farci niente
rassegnati al timbro del frastuono,
allora coglierò tutte le viole
le terrò insieme come faceva nonna
adornerò capelli scombinati
e
abbandonata alla saggezza del necessario
sarò povera delle solite cose.

***
Quando niente ha più importanza
giriamo i pollici con la testa sgombra
mettiamo a lato perfino le gioie
facendo a pezzi il genere umano.
Senza ambizione e senza progetti
decidiamo che la vita è solo questa
sostituiamo la luce al buio,
garanzia del tocco giusto della piuma.
Voglio esiliarmi in un giardino
dove le burrasche restano fuori
dove sulla bocca di tutte le viole
c’è l’audace avventura del poco.

***
Ci si ammala. Per eccesso di fiducia
per velocità, per la speranza invecchiata.
Cresce dentro senza preavviso, il ladro.
E gli parli. Devi fartelo amico.
Dici che non va bene. Che sei innamorata
che domani hai un nuovo libro da leggere
hai da fare, infornare la torta di pere
innaffiare le viole sul davanzale.
La paura si fa una risata. E anche lui.
Non lo avresti voluto, lo ripeti sottovoce.
Ci si ammala per avidità
quando la forma del secolo non ti ha voluta.

***
Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di saggistica, di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio.
Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice 2012) risultato vincitore di numerosi Premi, tra cui Laurentum 2013, è stato tradotto in francese Les imparfaits sont des gens bizarres, (L’Harmattan, 2016 Traduction en français par Giovanni Dotoli et Françoise Lenoir) e per Uet Tunisi la traduzione in lingua araba (a cura del Prof. Othman Ben Taleb)Quel grido raggrumato (La Vita Felice 2014), Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni 2015), Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria, 2011); L’amore casomai – racconti in prosa poetica (la Vita Felice, 2018); Al polso porto catene, landay (RPlibri, 2019). A ottobre 2019 la recente pubblicazione di poesia La venatura della viola (Ladolfi Editore) tradotta per l’Harmattan in lingua francese, Les nervures de la violette, a cura di Françoise Lenoir.
Pubblicazioni di letteratura per l’infanzia: La principessa con i baffi, fiabe (Scuderi Edizioni, 2015); Cantami una filastrocca, quaderno operativo per la Scuola dell’Infanzia (RPlibri, 2018);  La favola dell’Abete, storia per la magia del Natale (RPlibri 2018); La vecchina brutta e cattiva (RPLibri, 2019)
È stata tradotta in greco, in romeno, in francese, in arabo, in inglese, in spagnolo, in catalano, in georgiano, in napoletano.